CULTURAMARCHE

Quando la scrittura declina la morte

Quando la scrittura declina la morte

di TIBERIO CRIVELLARO

Il romanzo dell’anno. Un malloppo d’amore, un malloppo di morte, di una catastrofe devastante: la morte che ruba una vita rubandone un’altra. Forse che è stato il troppo amore per “Matria” (senza più “Patria”) a far scoppiare il cuore di Olivier? Viene spontaneo pensare che Chiara Mezzalama in “Le nostre perdute foreste” (E/O Edizioni) sia stata, in passato, coinvolta bruscamente, spazzata via come quella della Lei protagonista. Non si spiegherebbe altrimenti l’intensità di come ricomporre, ricostruirsi dopo tale terremoto. Scrivendo il più bel libro di quest’ultimo anno.

Oltre i migliori autori (della E/O, almeno) oltre gli altri libri incensati dalla critica, oltre la migliore poesia dei pochi, perché qui si sta trattando di una potente prosa nell’intreccio e viaggio sconvolgente di due amanti, oltre ogni confine (anche letterario), concluso “in cenere” nella loro “intima foresta”. Lei viva, inondata dei passati meravigliosi, intensi sentimenti che ora ritornano a ferirla, a lacerarla nei ricordi tanto che se annegassero ne avrebbe pace.

Impossibile descrivere degnamente la struggente storia del romanzo; occorrerebbe confrontarsi alla tragica poesia che versa nella peggior solitudine che uccide la mente. La storia di due anime che si sono incontrate, ambedue sposati con figli, ma ciò nonostante avevano vissuto quel sentimento senza provare colpe tali da finirla questa storia. Loro due, impulsivamente diversi, ma straripanti d’amore. Progetti, sogni, cose per stare insieme, e invece ora “sono quel pezzo di legno morto, sputato a riva da non so quale tempesta. Sono un relitto…e sono la pietra sul fondo del lago di fango…Se solo avessi saputo…”.

Se solo avesse saputo, se sapessimo ciascuno che ci riserva il tempo. Ma no, non si sa quando l’amore ci ruba la vita, il termine. Allora il termine “amore” come si descriverebbe nei reciproci ricordi, quelli di due anime fuse insieme? Roma-Parigi, Parigi-Roma è l’itinerario di andata e ritorno di un destino riassunto in una morte certa e un’altra probabile ricucita con un malloppo di parole-poesia che massacra la tragedia stessa, cancellandola infine.

La creazione di un’opera da condividere in lettura. Si varchi, si entri in queste foresta perduta a declinare gli impossibili avverbi. “Quel che accade e non viene raccontato, cessa di esistere” suggerisce Olga Tokarczuk nella nota a inizio libro. Non per “folia sine nomine”, Chiara, lama-intera. Ma che potenza! Quando la scrittura uccide la morte.

CHIARA MEZZALAMA

LE NOSTRE PERDUTE FORESTE

E/O Edizioni

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