CULTURAMARCHE

Vincenzo Guarracino si conferma il maggior studioso italiano del Leopardi

Vincenzo Guarracino si conferma il maggior studioso italiano del Leopardi

di TIBERIO CRIVELLARO

La nave di Vincenzo Guarracino naviga da più di quarant’anni nell’oceano Leopardi. Anche se a velocità di “crociera” ha oltrepassato numerosi “porti di attracco” relativi il recanatese.

Con, “Giacomo Leopardi. Discorso sopra lo stato degl’italiani” (Ed. La nave di Teseo), si conferma il maggior studioso leopardiano in Italia. Non solo per la profonda conoscenza della poesia (credo) paragonabile a Dante, ma anche di un Leopardi filosofo, estetico, pre-psicoanalitico (?).

Quest’ultimo approdo del Professore comasco appare ancor migliore, senza “disarmo”, esplorando il tema che il Poeta scrisse nel lontano 1824, (in realtà lo iniziò a soli 20 anni per concluderlo a 26.) Guarracino propone un’equivalenza dei costumi italiani di quel tempo a quello odierno. È evidente quando ribadisce che il bel Paese, nonostante le burrasche, e i “bei tempi” nei secoli, si ritrovi in una uggiosa e pericolosa ripetizione nel suo falso trasformismo. (E se qualcuno di voi volesse essere d’accordo, in tal senso vi appoggio…omississ). Rientrando ai ranghi, vi consiglio di consultare le numerose note utili all’introduzione, da pag. 59 a pag. 82.

Un faro che vi orienterà a indagare sulla mentalità, la moralità e il carattere dell’attuale società italiana; osservazioni sul costume  scostumato, l’indifferenza e le ripetitive idiozie. Magari ci trovassimo nella solitudine e nel dolore che il Leopardi viveva coraggiosamente constatando quanto i suoi contemporanei fossero anelanti al benessere e alla dilagante indifferenza nel sociale! Guarracino ci mette in guardia su tale pericolo nel suo ampio e corposo saggio.

Con disincanto “rabbioso” è profondamente critico riflettendo su questo mondo, oltre l’isola Europa che, nell’ottocento, mostrava più vivacità nel sociale e nelle arti superando quell’individualismo ora sfiduciato e mancante di progetti innovativi. Guarracino amplifica le “verità” profetiche leopardiane con luminose intuizioni, tenendo conto che ha iniziato questo “studiar” prima della pandemia. Ne emerge uno Stato italiota di costumanze popolari e populiste. Testualmente potrete capire le mille contraddizioni dello “stivaletto”.

Un piccolo, forse grande (?) Stato che, tuttavia, almeno nell’ultimo trentennio ha assorbito i tratti peggiori del globalismo e, se volete, il velenoso neoliberismo chirurgicamente elaborato dallo psicoanalista marsigliese Roland Gori; ha inalato la velenosa iperproduttività asiatico-cinese, lo sfruttamento del lavoratore e della povertà, il consumismo sfrenato e insensibile ignorando quella prosperità che solo la Cultura può permettere.

Cultura con la c maiuscola, quella che non serve quei cattivi maestri pirati presso tante  Università o coloro che “governano” le grandi case editrici. Quelli tra voi interessati a interessarsi al saggio sul saggio, m’interessa confermarvi che vi penserò in maniera interessante. E siccome non mi pare il caso di raccontarvi altri particolari, andate a scovarveli in libreria. Concludendo, guarracinicamente: “Leones in animo sitis”.

Ag – RIPRODUZIONE RISERVATA - www.altrogiornalemarche.it