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PESARO / Alla riscoperta del dialetto pesarese in una Sala Rossa super affollata

PESARO / Alla riscoperta del dialetto pesarese in una Sala Rossa super affollata

PESARO – La terza e ultima serata dedicata al dialetto pesarese, nell’ambito del ciclo di incontri Amarcord Pesaro, in una Sala Rossa del Comune di Pesaro, super affollata con molte persone in piedi, ha concluso un breve ciclo sulla pesaresità, organizzata dall’Associazione culturale Pegasus con il patrocinio del Comune di Pesaro Assessorato alla Bellezza e con il. sostegno degli organismi patrocinanti: Regione Marche Assemblea legislativa, Provincia di Pesaro e Urbino, Università agli Studi Carlo Bo di Urbino, Conservatorio G.Rossini di Pesaro, Ente Concerti di Pesaro, Amat e Assonautica di Pesaro e Urbino. Erano anni che non si affrontava il dialetto pesarese in una tavola rotonda, a cui hanno partecipato la professoressa Marta Fossa, il professore Gualtiero De Santi, critico letterario, il poeta Emilio Melchiorri, l’attore Roberto Rossini e l’autore-regista Agostino Vincenzi. La serata è stata coordinata dal giornalista Paolo Montanari che è stato anche il curatore del ciclo.

Per Marta Fossa, ”La funzione del dialetto è, da sempre, quella di comunicare senza farsi comprendere da estranei. Ma oggi la situazione sociolinguistica è sensibilmente cambiata ed il dialetto è regredito, sia qualitativamente che quantitativamente, infatti ci sono infiltrazioni di italianismi e i dati ISTAT del 2000 dicono che il 44% degli Italiani si esprima in lingua italiana in famiglia e il 73% usi l’Italiano con estranei.

Dunque la diffusione dell’italofonia, se da una parte sta limitando l’uso del dialetto, dall’altra conduce verso un recupero del dialetto in funzione espressiva, pertanto non è più percepito come marca d’inferiorità socioculturale, ma segnale di familiarità, affettività e ironia nell’uso di persone che dominano bene la norma dell’Italiano.

In ambito letterario, sia prosastico che poetico, il dialetto è usato e percepito in modo diverso: i primi scrittori che lo hanno usato, lo sentono con il sapore della novità, dunque il suo utilizzo rappresenta una conquista che ha consentito di rompere i tabù linguistici tradizionali. Invece altri autori considerano i l dialetto come qualcosa di passato o come un residuo del passato: questo uso vetero dialettale si manifesta “a macchie” nei testi, altre volte le espressioni sono tra virgolette o addirittura spiegate in nota. Questi autori associano spesso il dialetto a personaggi o luoghi degradati

In ogni caso il dialetto può continuare ad agire come importante lievito linguistico e stilistico.” Il professor De Santi ha svolto una riflessione sui tre momenti in cui l’uso dialettale ha avuto una funzione nella letteratura italiana. Certamente il dialetto di Casarsa di Pier Paolo Pasolini, è stato l’incipit di tutta una letteratura, che non è da considerarsi marginale rispetto alla letteratura italiana. Anche in Carlo Emilio Gadda, ritroviamo un dialetto ricercato. Da ultimo il dialetto marcoromagnolo di Tonino Guerra, Raffaello Baldini e della scuola di Sant’Arcangelo di Romagna.

Per quanto riguarda le poesie del pesarese Emilio Melchiorri, ha sottolineato De Santi, queste rientrano in una tradizione ben consolidata. Per Paolo Montanari, il dialetto è un idioma proprio di una determinata comunità e caratterizzato dall’ambito geografico relativamente ristretto, dall’uso per lo più orale e da particolari funzioni comunicative. Vi è un confronto fra lingua nazionale e lingua, proveniente dalla stessa famiglia, ma assunta storicamente a un ruolo più esteso e complesso ed anche istituzionale. Emilio Melchiorri ha letto insieme all’attore Roberto Rossini, alcune sue poesie, El   Port e la Medre. Poi un ricordo del poeta autore del dizionario  e grammatica pesaresi, Marcello Martinelli. Infine il regista Agostino Vincenzi ha parlato del suo lavoro teatrale Il mio Pasqualon, dedicato a Odoardo Giansanti, una delle vette della poesia dialettale pesarese, insieme a Procacci. Il Pasqualon di Vincenzi non viene personificato, ma è il popolo che racconta le sue gesta, i suoi rumori, i suoi versi. Pasqualon, poeta senza fissa dimora, che trovava rifugio per i freddi invernali nell’Ospedale Psichiatrico San Benedetto. Da allora il suo personaggio è stato immortalato da Carlo Pagnini e studiosi come Lisotti e Uguccioni, ne hanno segnato i tratti poetici-letterari e della sua ricca personalità umana.

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