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“L’Italia cessi l’invio di armi in Ucraina e si faccia promotrice di un tavolo negoziale”

“L’Italia cessi l’invio di armi in Ucraina e si faccia promotrice di un tavolo negoziale”

 L’appello, firmato da 1000 cittadini del mondo, trasmesso al governo di Giorgia Meloni

di PAOLO MARIA ROCCO

“Qualche giorno dopo lo scoppio della guerra ucraina,  io, Paolo Maria Rocco (dalle Marche), insieme con Lia Aurioso (Campania), Erica Conti (Lombardia) e Diego Pertile (Veneto), inviammo una Lettera ai Presidenti M. Draghi, E. Casellati e R. Fico spiegando loro perché avrebbero dovuto immediatamente impegnarsi per la revoca del decreto governativo con il quale l’Italia decideva di inviare armi letali al governo ucraino che, così, rendeva cobelligerante il nostro Paese.

La nostra Lettera era accompagnata da un Appello firmato da circa, oggi, 1000 cittadini del mondo di tutte le fasce sociali tra cui anche intellettuali molto noti. Tra quelle ragioni la violazione dell’art. 11 della Costituzione italiana (“l’Italia ripudia la guerra”), e la violazione degli artt. 1, 2, 5 e 6 del Trattato-Nato che stabiliscono che un Paese Nato, come l’Italia, può entrare in una guerra che non coinvolga il proprio territorio esclusivamente quando una delle Nazioni coinvolte appartenga alla Nato: e l’Ucraina non è Paese Nato. Inoltre facevamo presente ai Presidenti (e a tutti i Gruppi politici parlamentari che ricevettero il nostro Appello) che l’unica razionale strada da percorrere era quella negoziale: una strada che si sarebbe dovuta intraprendere ben prima dello scoppio della guerra. Infatti, per mesi, il mondo intero aveva assistito alla preparazione e al posizionamento, da parte del presidente V. Putin, di truppe regolari armate e di armi ai confini con l’Ucraina; per mesi le cancellerie internazionali (che conoscevano nei dettagli le intenzioni di V. Putin grazie ai loro agguerriti Servizi di Sicurezza) non hanno ritenuto di dover intervenire per evitare la guerra che si poteva e si doveva evitare, prima che esplodesse.

Per un anno, e fino ad oggi, i cittadini italiani (che tutti i sondaggi dicono essere a maggioranza contrari all’invio di armi e alla cobelligeranza italiana) sono stati resi, loro malgrado, corresponsabili delle decine di migliaia di vittime tra i civili innocenti (bambini, donne, uomini), corresponsabili dell’esodo forzato di circa 8 milioni di profughi Ucraini, corresponsabili della distruzione di un vastissimo territorio, corresponsabili della degenerazione dei rapporti internazionali tra l’Est e l’Ovest. Tutto ciò ci riguarda, come anche il fatto che eminenti costituzionalisti (come G. Zagrebelsky, per esempio) abbiano condiviso le nostre ragioni sostenendo, pubblicamente, dopo qualche mese dallo scoppio della guerra, che il Governo italiano sta facendo carta straccia dell’art. 11 della Costituzione. D’altra parte ogni cittadino consapevole della propria funzione e delle proprie prerogative non può non sottolineare che Padri della Costituzione e della Repubblica (come Pietro Calamandrei) abbiano fondato il loro impegno civile e politico anche sul fermo principio che l’Italia non avrebbe mai dovuto macchiarsi con la partecipazione a una guerra; o che un filosofo come J. Habermas sostenga, oggi, che è necessario istituire subito un tavolo negoziale tra le Parti in guerra.

A Draghi, Casellati e Fico (e ai Gruppi parlamentari) scrivevamo anche che non si trattava di abbandonare a se stessi gli Ucraini aggrediti ma di scongiurare (attraverso un’immediata e efficace opera diplomatica) che il conflitto producesse gli sconvolgimenti che ha poi prodotto e che potesse ampliarsi ad altre Nazioni con conseguenze catastrofiche per il mondo intero, umanitarie, politiche, economiche.

Non abbiamo ricevuto mai una risposta da nessuno dei nostri destinatari: ciò dispiace ma ce ne siamo fatti una ragione. Perché tutto ciò che è accaduto ci dice che, oggettivamente, noi siamo dalla parte della ragione.

E, di contro, cosa ha ottenuto dopo quasi due anni di guerra il fronte occidentale che trionfalisticamente sostiene l’entrata in guerra dell’Europa con la visione (che si è rivelata del tutto errata) di una veloce sconfitta dell’esercito russo? Questo fronte occidentale ha ottenuto, appunto, decine di migliaia di morti tra bambini, donne, uomini innocenti; ha ottenuto la fuga dall’Ucraina di circa 8 milioni di profughi che hanno perduto tutto; ha ottenuto la distruzione del territorio ucraino; ha ottenuto il riposizionamento violento di alleanze tra blocchi dell’Ovest e dell’Est che non si sa dove ci porterà; ha ottenuto che si entrasse in una fase di ‘economia di guerra’ che i cittadini Ue stanno pagando pur essendo a maggioranza contrari alla partecipazione alla guerra ucraina; e ha ottenuto, contrariamente a tutti i fasulli pronostici, che la guerra non è stata vinta. Bisogna, quindi, smetterla con i trionfalismi: l’esercito russo non è stato sconfitto e, invece, è l’Occidente armato che esce scornato da questa situazione in cui si è infilato manifestando una totale assenza di lucidità ed efficacia politica.

Conosciamo fin troppo bene e sappiamo che tanti sono i motivi che hanno scatenato questa guerra che l’Occidente aveva il dovere di scongiurare prima che scoppiasse. Sappiamo bene anche che l’Italia ha il dovere costituzionale e politico di smarcarsi dal fronte di guerra, che significa, appunto, rispettare la Costituzione e il Patto Atlantico e, al contempo, revocando l’invio di armi all’Ucraina prendere nelle proprie mani di Nazione democratica e civile le sorti dell’Italia, della UE e del mondo. Un impegno troppo grande? No: è un impegno che una Nazione come la nostra ha nella propria Storia (se quella nostra Storia ha ancora un senso).

Smarcarsi dal fronte di guerra e farsi promotrice di un tavolo negoziale significa anche esprimere in ambito internazionale quell’autorevolezza politica che l’Italia vede, non da oggi, essere oggetto di gravi tentativi di mortificazione. Un atto unilaterale di revoca dell’invio di armi produrrebbe, qualora fosse preso, un terremoto negli equilibri politici Ue e Nato? Sì, un terremoto benigno che dovrà essere accompagnato da un’opera serrata di convincimento, da parte dell’Italia, rivolta ai suoi partners internazionali che abbia come scopo (l’unico oggi legittimo) di perseguire il benessere degli Ucraini, il benessere dei propri cittadini (dei propri clientes oggi anch’essi vittime della guerra), e dei cittadini Ue. Ci preoccupa che il governo russo abbia promosso questa guerra per ragioni economiche e territoriali? No, conosciamo la storia del Donbass, delle rivolte interne antiucraine, delle stragi; e non approviamo, certo, lo scoppio di questa guerra fratricida che l’Occidente ha lasciato che scoppiasse con l’intento di riposizionare i propri confini ideologici ed economici; non approviamo l’invasione di una nazione da parte di un’altra nazione; ci preoccupa che la Nato pensi di poter spingersi sempre più a Est suscitando l’allarme della Russia, della Cina, dell’India. Cosa avrebbe fatto il governo Usa se (a ruoli rovesciati) la Russia avesse posizionato i suoi avamposti al confine tra il Messico e la California? Il governo di Biden avrebbe abbattuto immediatamente con le armi qualsiasi tentativo di veder minacciato il proprio territorio da una potenza militare antagonista: proprio ciò che ha fatto Putin quando la Nato -nonostante sconsigliata dal farlo- ha eretto i suoi presidi al confine con la Russia.

La decisione storica di cessare l’invio di armi e di lavorare per un accordo tra le Parti deve così promuovere l’Italia come negoziatrice tra i soggetti in guerra invece di lasciare che altri se ne occupino prima ancora di aver risolto, questi ‘altri’ in casa loro, questioni relative al rispetto dei diritti umani. Oggi sono solo i regimi non propriamente attenti a tutelare le libertà dell’individuo a esercitare pubblicamente un ruolo di primo piano nella ricerca di una strada di Pace.

Non dice nulla questo? Infine, ciò che facciamo al fine di far cessare questa guerra globale è dettato dal nostro convincimento che sia non procrastinabile modificare, da parte di tutti, la propria visione e prospettiva sul mondo: oggi, e non da oggi, nessun conflitto tra nazioni (che sia esso dettato da rivendicazioni territoriali, economiche o politiche) potrà mai essere risolto con le armi senza prefigurare una sciagura di proporzioni inimmaginabili, come quella in corso in Ucraina. Cambiare la prospettiva individuale e collettiva sul mondo significa lavorare davvero per il benessere globale affinché motivi di attrito vengano risolti non puntando un’arma sulla testa dell’antagonista ma con la forza del dialogo, della civiltà. Questi sono i motivi per i quali abbiamo inviato il nostro Appello anche al Governo guidato da Giorgia Meloni che ha da gestire un’eredità complessa di cobelligeranza alla quale la maggioranza degli Italiani dice ancora: No!».

 

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