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Anche Leopardi si trasferisce in Emilia Romagna?

Anche Leopardi si trasferisce in Emilia Romagna?

La storia di un depauperamento di opere d’arte che dura da secoli. Dopo il terremoto è stato avviato il trasferimento di una parte importante della nostra cultura. In partenza anche 27 manoscritti del grande poeta, custoditi nel Palazzo dei Governatori di Visso

Anche Leopardi si trasferisce in Emilia Romagna?di PAOLO MONTANARI

ANCHE 27 MANOSCRITTI DI GIACOMO LEOPARDI, fra cui “L’infinito”, poesia fra i vertici lirici di tutti i tempi, stanno facendo le valigie, a causa del terremoto, e si trasferiranno in Emilia Romagna. E’ forse la ciliegina sulla torta di una situazione preventiva di tutela delle opere e del patrimonio artistico marchigiano, da parte degli organi competenti per il timore di altre scosse. In questi giorni un gruppo di parroci hanno firmato un documento-appello, perché le loro opere non rovinate, non venissero portate via dalle parrocchie. Non facciamo di tutta un erba un fascio. Ma la storia docet. I lettori ricorderanno, che oltre le spoliazioni napoleoniche, molte opere come La Madonna di Senigallia di Raffaello, la pala del Bellini e altre del Cantarini, sono state portate lontano. E adesso vogliamo fare una spoliazione anche dell’opera di Leopardi?

Ma veniamo alla storia dei 27 manoscritti leopardiani che saranno trasferiti e messi in mostra a Bologna in quanto il Palazzo dei Governatori di Visso che li ospita è stato fortemente lesionato dal recente terremoto.

In primo luogo cerchiano di comprendere perché i manoscritti di Leopardi si trovano a Visso e non, come sembrerebbe logico e naturale a Recanati? La risposta ci viene fornita da Teodoro Bolognini, vice presidente del Collegium Scriptorium Fontis Avellanae.

“L’originale degli scritti leopardiani, a metà dell’800, era di proprietà di un tipografo di Bologna che si trovò ad un certo punto pieno di debiti. Fu, in quel momento, che il preside del liceo Galvani di Bologna, Prospero Viani, amico del tipografo, propose a Gaola Antinori, allora sindaco di Visso, di acquistarlo alla modica cifra di 400 lire per cercare di aiutare la tipografia che era sull’orlo della chiusura definitiva. L’accordo fu fatto sui banchi del Parlamento a Montecitorio, in quanto entrambe le parti erano parlamentari”.

A questo punto dobbiamo fare una seria riflessione. Oltre a migliaia di sfollati e a quasi 300 morti che le Marche hanno avuto con le terribili scosse di terremoto, la nostra regione rischia di rimanere orfana, di un patrimonio culturale che ci ha lasciato il più grande poeta dell’Età moderna. E’ possibile che non vi fosse un museo, una struttura di qualche fondazione bancaria marchigiana, che potessero ospitare questo tesoro letterario?

La risposta la fornisce lo stesso Teodoro Bolognini.

“Il Collegium, di cui sono vice presidente è nato proprio per occuparsi delle ansie che affliggono l’uomo contemporaneo e la Carta di Fonte Avellana è stata recentemente aggiornata per essere strumento adeguato per il rilancio dell’Appennino. Abbiamo bisogno di scavare fra le “nostre macerie”, andare in profondità, elaborare un pensiero nuovo che riparta dalla cultura e, perché no, dal poeta più importante delle Marche, Giacomo Leopardi. Ecco perché il manoscritto dell’Infinito, denso di significati profondi e auspicio per la ripresa, dovrebbe assurgere a simbolo e testimonial dell’Appennino, post terremoto. E’ necessario, quindi, che rimanga qui fra noi e non essere oggetto di trasloco”.

Un appello che sarà condiviso da migliaia di marchigiani. Ma siamo proprio sicuri che la famiglia Leopardi, non avesse legami con la vicina Emilia Romagna?

Venerdì 25 novembre presso la sala dell’Oratorio del Palazzo dei Musei di Modena, è stata inaugurata una mostra dal titolo: Il magnanimo vecchio e il giovane favoloso – Monaldo e Giacomo Leopardi a Modena, organizzata dall’associazione Terra e identità e dal Centro Nazionale di Studi Leopardiani. Il progetto prevede anche una serie di conferenze.Ma perché Modena? Perché nella città del cavallino rosso, vi è un carteggio tra un gruppo di intellettuali locali e il padre del poeta recanatese, il conte Monaldo, conservato a Modena, nell’archivio di Stato. I temi di questo carteggio sono eterni e si riferiscono ai sentimenti che nascono nel confronto intergenerazionale: il desiderio di cambiamento, la politica, l’amore, il coraggio verso il nuovo, il mantenimento dello status di Monaldo rispetto alle aperture di Giacomo. La storia che emerge custodita all’Archivio di Stato di Modena, sembra di una attualità addirittura provocante. La mostra rimarrà aperta fino al 19 gennaio. A febbraio  in una località dell’interland modenese, dove vissero le famiglie in contatto con i Leopardi, si terranno altre iniziative culturali, fra cui sabato 4 febbraio il convegno “Il disagio giovanile e il difficile rapporto genitori e figli” a palazzo Europa a Modena. Partecipano Roberta Cavazzuti che interverrà su “Giacomo Leopardi: la frustrazione degli affetti e il disagio della modernità”; Pantaleo Palmieri che illustrerà il rapporto tra Monaldo e Giacomo Leopardi; Ivana Danisi tratterà su “Il disagio giovanile: cause e cure”. Le riflessioni conclusive saranno a cura dell’Arcivescovo di Modena, mons. Erio Castellucci. Il 25 febbraio il Centro studi leopardiani organizzerà sempre a Modena un convegno su: “Pagine leopardiane e le curiosità inedite”.

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