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Maria Antonietta Viero torna con “La padrona delle oche”

Maria Antonietta Viero torna con “La padrona delle oche”

di TIBERIO CRIVELLARO

Secondo canestro dell’ex campionessa italiana di pallacanestro Maria Antonietta Viero. Palla in canestro e pallino per la poesia. L’uno con “Viaggio di una foglia” (Di Felice Edizioni, 2022). L’altro (la reticella ancor trema) è “La padrona delle oche” con l’assist di Arsenio Edizioni, aprile 2023.

“Maestro, disegnami una foglia./ Fammi seguire il tratto del debutto…”  Debutto non solamente  in versi, ma anche quale autrice del romanzo  “Ballata del moro Canossa (Milano, 2000). Principiante no!  Ma che c’entrano le “oche” e la loro “padrona”? Partendo dal dipinto in copertina (olio su tela) dell’ultra novantenne Renato Varese, artista poliedrico di Conegliano,  Maria Antonietta, attraverso questa enigmatica raccolta,  cifra poeticamente il significante  di “Padrona” o “guardiana” (nel suo esserlo), “…a non rinunciare  “all’imprevedibile” e “all’imprendibile”, tenere il filo del controllo” (riassumendo le sagaci note di Vincenzo Guarracino redatte a fine libro).

Tra “ansie” e inquietudini ma anche di “paura”(?) , l’autrice cerca le rassicurazione di un “Maestro”; equivalente al Genitore (?):  “Padre mio, che sei nei cieli,/ donne-moi un petit morceau de père au jour…” e, “come un’ eco s’incideva su pietra – alla voce “figlia di” – “NN”,/ nome che marca, mancando…”. Questo Padre giunge pensato, mancante…sta qui il “totem”, ma senza tabù, forse suggerirebbe, nel con-testo, la psicoanalista argentina Iara Bianchi.  Allora, “Distante un padre” (di de angelisiana memoria), poco o ancor meno riguarda Maria Antonietta Viero; qui non si tratta di “sostituto” ambiguo (come nel caso di Lin – nei versi di Milo De Angelis, Milano, 1989), ma di una traccia mnestica che conduce al “perturbante”. Se lo specchio, “interrogato”, non (le) rimanda immagine, né traccia polisemica e neppure equivalenze  altre…(o forse di un “transfinito”?). Nonostante le falcate della vita, il far da sé o nel “dasein”,  l’immaginario resta, inconsciamente “insiste” un mancato “riconoscimento paterno”.

Eppure l’autrice di riconoscimenti ne ha avuti e ne ha tanti. Ha indossato per lo stilista Versace, si è laureata in filosofia, e svolge il mestiere di rappresentante di moda nel suo ampio, prestigioso salone. Maria Antonietta non sfugge alla questione del “famigliare”, e non fugge testimoniandosi in versi, al divenire con quel “Yellow” (Milano, 2002) portiano da intendere come ogni rivoluzione riguardi, prima di tutto, se stessi, anche nel rifarsi un’altra lingua in un’altra forma, lontana dalle formalità. E quindi: “Quando l’equivoco/ incaglia il malinteso sulla padronanza…”.

MARIA ANTONIETTA VIERO

LA PADRONA DELLE OCHE

Arsenio Edizioni

 

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