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Ocean Viking e Geo Barents, Mangialardi: “Torniamo a fare ciò che è giusto, non ciò che conviene”

Ocean Viking e Geo Barents, Mangialardi: “Torniamo a fare ciò che è giusto, non ciò che conviene”

di MAURIZIO MANGIALARDI*

ANCONA – Dopo la Ocean Viking, anche la nave Geo Barents ha raggiunto il porto di Ancona al termine di un viaggio lungo, difficoltoso, stremante per l’equipaggio e ancora di più per le decine di persone soccorse nei giorni scorsi in mezzo al Mediterraneo. Persone, donne, uomini, in gran parte minori non accompagnati, che portano sui loro corpi i terribili segni delle violenze subite nel corso del cammino di speranza verso una terra capace di accoglierli e di dar loro un futuro che non sia morte e miseria.

In tal senso, mi sembra che Ancona e le Marche abbiano dato un’ottima prova di accoglienza, dimostrando come la cultura della solidarietà sia fortemente radicata nella nostra comunità. Una cultura largamente testimoniata dalle centinaia di persone che martedì sera hanno presidiato il porto per salutare e dare il benvenuto all’Ocean Viking, così come dalle istituzioni cittadine, a partire dalla sindaca Mancinelli e dal personale della Croce Rossa che hanno atteso sul bordo della banchina l’arrivo della nave al fine di seguire e assicurarsi che le operazioni di sbarco si svolgessero al meglio.

Molto meno buona, anzi pessima, è invece la strategia adottata dal governo Meloni per gestire i fenomeni migratori, ben rappresentata proprio dalle vicende che hanno interessato il nostro territorio. Una strategia volta a distruggere la rete dell’accoglienza fin dalle operazioni di salvataggio in mare di vite umane, i cui effetti, nei prossimi mesi, se non già nelle prossime settimane, potrebbero avere ripercussioni drammatiche. Credo, infatti, che non sfugga a nessuno il senso, solo apparentemente illogico, della decisione di individuare il porto di Ancona come primo porto sicuro verso cui dirottare le navi di Sos Méditeranée e Medici Senza Frontiere, costringendole a percorrere migliaia di chilometri in più e prolungando di conseguenza le sofferenze delle persone a bordo.

L’obiettivo della guerra dichiarata dalla presidente Meloni e dal ministro dell’Interno Piantedosi alle Ong è chiarissimo: aumentare loro i costi del trasporto nel tentativo di rendere insostenibile le attività di soccorso e diradare la presenza delle loro navi nel Mediterraneo allontanandole per più tempo possibile.

D’altra parte, non è certo casuale che forze di destra come Fratelli d’Italia, a differenza del passato, abbiano evitato ogni tipo di polemica. Anzi, parole benevole e distensive sono state spese persino dai consiglieri regionali Carlo Ciccioli e Marco Ausili, il primo grande sostenitore delle balzane teorie sulla sostituzione etnica e il secondo avvezzo a distinguere tra profughi veri, in genere rigorosamente bianchi e biondi, e profughi falsi, cioè tutti gli altri. E anche dal sindaco di Senigallia Olivetti, che annovera nella sua maggioranza figure che hanno sempre speculato politicamente sulla pelle dei migranti, sconfinando non di rado in veri e propri attacchi di stampo razzista.

Ognuno è libero di sostenere o meno questa strategia, ma tutti dobbiamo essere consapevoli che ciò, inevitabilmente, aumenterà il rischio di naufragi e, quindi, di nuove perdite umane. Un minor numero di navi soccorso ai confini con le acque libiche non ha mai rappresentato ne rappresenterà in futuro un deterrente alle partenze. Si tratta di una grossolana sciocchezza, figlia di quel processo di criminalizzazione delle Ong che la destra porta avanti da anni. Ce lo dicono i numeri, ma soprattutto ce lo dicono le storie dei profughi a bordo dell’Ocean Viking e della Geo Barents che, in attesa degli sbarchi, la stampa locale è riuscita meritoriamente a raccontarci.

Storie che non dovremmo mai dimenticare e che dovremmo imparare a sentire sulla nostra pelle, per tornare a saper fare ciò che è giusto e non ciò che conviene.

*Capogruppo regionale del Partito Democratico – Assemblea legislativa delle Marche

 

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