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Giorgio Girelli: “L’importanza di comprendere e rispettare il passato”

Giorgio Girelli: “L’importanza di comprendere e rispettare il passato”

di GIORGIO GIRELLI*

PESARO – Riccardo Paolo Uguccioni, presidente della Società pesarese di studi storici, ed Ernesto Galli della Loggia il giorno di Pasqua, l’uno all’insaputa dell’altro, hanno curiosamente affrontato lo stesso problema pervenendo alle medesime, condivisibili conclusioni.

Uguccioni, sul “Resto del Carlino”, ha osservato che “vizio del nostro tempo è applicare al passato le nostre idee.

Criticare Napoleone perché “traditore della Repubblica” o abbattere le statue dei primi presidenti americani proprietari di schiavi è grottesco. Come diceva Spinoza, ricorda Uguccioni,  “le gesta degli uomini non vanno compiante o deplorate, piuttosto occorre capirle”.

Galli della Loggia, dal canto suo, sul Corriere della Sera, parla di “delirio suicida del ‘politicamente corretto’ che sta devastando l’immagine dell’Occidente: si abbattono le statue di Colombo e di Churchill; l’insegnamento di Omero, Dante, Shakespeare costituisce discriminazione offensiva verso chi ha un colore della pelle diverso dal bianco. Ed anche per questo studioso “l’universo dei valori è soggetto a modifiche profonde con il passare del tempo”. Per cui se “oggi sono inconcepibili la condizione di inferiorità della donna o il lavoro minorile, due o tre secoli fa erano cose accettate come normali”.

Si assiste invece  ad  una assenza di “senso storico” che nasce dalla “mancanza di conoscenza, dalla crassa ignoranza della storia che ormai pervade le nostre società“.

Mentre si dovrebbe “tener fermo che nella storia non possono trovare posto i nostri criteri morali attuali” né possiamo “proiettarli nel passato di cui sappiamo e capiamo sempre meno”.  E Galli va anche oltre sottolineando che chi leva l’indice accusatore evita di rilevare, ad esempio, che la tratta dei neri verso l’America sarebbe stata impossibile se “preliminarmente vaste reti di trafficanti arabi e alcuni regni indigeni africani –  cui però non si estende la giusta condanna riservata ai bianchi –  non si fossero dedicati alla cattura” di tali persone.

Bisogna dunque non cedere ad un’indiscriminata attualizzazione etica  indotta da quel  «politicamente corretto» figlio del punto di vista di entità  politico-culturali che cercano di  dominare  “il discorso pubblico in Occidente”, come in altre circostanze (ad esempio, Corriere della  Sera 11 luglio 2017) lo stesso Galli ci ha ricordato osservando che “dei valori e delle mentalità del passato sembra che non si possa, e soprattutto non sia lecito, darsi alcun pensiero”.

L’espressione “politicamente corretto” deriva dall’ angloamericana politically correct  e designa – come scrive l’ “Enciclopedia dell’Italiano” Treccani –  un orientamento ideologico e culturale, sorto negli Stati Uniti,  di estremo rispetto verso tutti, nel quale cioè si evita ogni potenziale offesa verso determinate categorie di persone. Secondo tale orientamento, le opinioni che si esprimono devono apparire esenti, nella forma linguistica e nella sostanza, da pregiudizi razziali, etnici, religiosi, di genere, di età, di orientamento sessuale o relativi a disabilità fisiche o psichiche della persona. Sua degenerazione però è la furia iconoclastica (abbattimento o rimozione di statue e lapidi, oltraggio ai monumenti, ecc..) di minoranze estremiste che cercano – stigmatizza “Pensalibero” del 29.6.2020- di imporre la propria visione ideologica all’intera società.

Ma c’è di più, secondo Galli della Loggia: idea centrale nella costruzione del “politicamente corretto” è che “qualsiasi comportamento, desiderio,  modo di vita debba necessariamente tendere a rivestire la forma di un “diritto” da tutelarsi giuridicamente. In particolare per ciò che riguarda i rapporti interpersonali e sessuali”. Pertanto, se ci sono benemeriti studiosi dediti all’impresa di scrivere  la storia ”perché – come diceva Erodoto –  delle cose avvenute da parte degli uomini non svanisca col tempo il ricordo”,  non si può prescindere dall’insegnamento che già il grande  Marc Bloch impartiva : “Il passato non va valutato con gli strumenti del presente: i personaggi storici vanno collocati nell’ambiente, nella mentalità e nell’atmosfera delle loro epoche”. Saggezza dalle radici antiche se rammentiamo che già secondo Seneca ”spesso nel giudicare una cosa ci lasciamo trascinare più dall’opinione che non dalla vera sostanza della cosa stessa”. E oggi non c’è storico serio che non sostenga che nel ricostruire il passato sia essenziale “contestualizzare”, valutare cioè secondo i criteri prevalenti nel momento indagato. Altrimenti potremmo trovarci sotto accusa  anche il Vaticano  perché l’ordinamento dello Stato pontificio prevedeva la pena di morte. Ed in materia è interessante rivocare che  Leopoldo II, granduca di Toscana, nel 1848  concesse lo Statuto liberale ai suoi suddditi. Per l’occasione a Pietrasanta , anche per celebrare i 35 anni di governo illuminato in Versilia, gli fu eretta – ricorda Sergio Casprini  su “Pensalibero” – una statua il cui piedistallo fu ornato da quattro bassorilievi che riflettevano l’operato riformista del Granduca. Col sopraggiungere del Regno d’Italia venne deliberato  di rimuovere la statua. Ma nel 1863 il nuovo gonfaloniere Gaetano Bichi ottenne la revoca del provvedimento, sostenendo che, al di là di ogni considerazione politica, l’opera d’arte, quale atto di civiltà,  andava salvata, anche perché i monumenti sono destinati a servire da insegnamento ai popoli ed ai regnanti. Sicchè  «Esempio ai popoli ed ai regnanti» fu il testo della scritta incisa in luogo dei bassorilievi rimossi, insieme al decreto dell’Assemblea Toscana sulla decadenza dal trono  dei Lorena.   Molto più saggi degli odierni forsennati che si accaniscono contro Colombo, Lee, Churchill, Garibaldi.

*Coordinatore Centro Studi Sociali “Alcide De Gasperi” – Pesaro

Nella foto: la rimozione della statua di Cristoforo Colombo al Tower Grove Park di St. Louis, in Missouri

 

 

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