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Nelle Marche il 27% dell’acqua potabile si disperde nelle condotte

Nelle Marche il 27% dell’acqua potabile si disperde nelle condotte

Lo stato di salute dei corpi idrici non arriva agli obiettivi posti dalla Direttiva Quadro Acque dell’Unione Europea. Legambiente: “Le Marche utilizzino al meglio le risorse del PNRR puntando sull’innovazione della rete”

ANCONA – Prima in Europa per prelievi di acqua a uso potabile (oltre 9 miliardi di metri cubi all’anno, 25 milioni di metri cubi pari a 419 litri per abitante al giorno), l’Italia è nel complesso un Paese a stress idrico medio-alto secondo l’OMS, poiché utilizza il 30-35% delle sue risorse idriche rinnovabili, con un incremento del 6% ogni 10 anni. Una tendenza che, unita a urbanizzazione, inquinamento ed effetti dei cambiamenti climatici, come le sempre più frequenti e persistenti siccità, mette a dura prova l’approvvigionamento idrico della Penisola.

In questo quadro, già preoccupante, le Marche si presentano con annose questioni ancora irrisolte come la dispersione idrica in rete che raggiunge una media regionale del 27%. Non migliora la situazione della gestione delle acque reflue urbane che vede il 44% degli agglomerati urbani in infrazione europea.

Inoltre, secondo il monitoraggio svolto da Arpam nel triennio 2015-2017 sui 185 corpi idrici fluviali delle Marche, grazie alle 124 stazioni di campionamento, lo stato di salute dei fiumi marchigiani non arriva agli obiettivi posti dalla Direttiva Quadro Acque dell’Unione Europea che imponeva il raggiungimento dello stato buono al 2015.

Infatti, per quello che riguarda lo stato ecologico che tiene conto degli indicatori biologici, la fauna ittica, i parametri fisico chimici e idromorfologici, i corpi idrici naturali sono buoni per il 42%, sufficienti per il 41% e scarsi per il 17%. Mentre per i corpi idrici fortemente modificati la situazione peggiora con il 22% allo stato buono, il 36% allo stato sufficiente, il 36% scarso e il 6% cattivo.

Per quello che riguarda invece lo stato chimico, i corpi idrici naturali sono buono per il 78% e non buono per il restante 22%; per i corpi idrici fortemente inquinanti la situazione si aggrava con il 61% in buono stato e il restante 39% non buono.

Questi sono alcuni dei dati riportati dal dossier nazionale di Legambiente presentato in occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua.

“Le risorse del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza sono un’occasione straordinaria per risolvere problemi annosi e innovare l’intera filiera della gestione delle acque – commenta Marco Ciarulli, direttore Legambiente Marche -. I finanziamenti europei dovranno mettere al centro l’attuazione delle opere necessarie per adeguare il sistema fognario e di depurazione e ripristinare efficienti sistemi di distribuzione dell’acqua che ne garantiscano la potabilità e minimizzino il problema delle perdite di rete, favorendo una minore concorrenza tra i differenti usi idrici (civile, industriale, agricolo). Quanto agli sprechi, è necessario un cambio di passo anche nella pianificazione urbanistica delle città, soprattutto nel settore edilizio: se è vero che le maggiori perdite di rete avvengono nell’ultimo miglio appena prima di entrare negli edifici, è anche vero che nelle case e negli edifici pubblici l’acqua potabile è utilizzata per attività che potrebbero essere svolte utilizzando acque grigie e/o meteoriche. Le città rappresentano una sfida in termini di consumi e sprechi legati a un maggiore numero di abitanti e sarà fondamentale applicare la Direttiva Europea appena entrata in vigore che mette al centro anche maggiore informazione e comunicazione ai cittadini”.

Nella Giornata mondiale dell’Acqua istituita dall’Onu, Legambiente richiama l’attenzione sull’importanza di una gestione equa, razionale e sostenibile di questa fondamentale risorsa, in particolare dell’acqua potabile su cui quest’anno si registra un’importante novità normativa: l’entrata in vigore, il 12 gennaio scorso, della Direttiva Europea 2020/2184 sulle acque destinate al consumo umano che gli Stati membri dovranno recepire entro il 2023. L’associazione ambientalista mette inoltre a confronto nel suo nuovo dossier i dati elaborati su dispersioni, usi e consumi di acqua nelle principali città italiane.

La nuova Direttiva UE. Positiva l’entrata in vigore della Direttiva Europea 2020/2184, soltanto l’ultima di una serie emanate negli anni in tema di acque: di fatto è la prima legislazione adottata in risposta a un’iniziativa dei cittadini europei, Right2water, che con 1,8 milioni di firme hanno chiesto alla Commissione di aggiornare la normativa (nella sua prima versione del 1998) per garantire il diritto di accesso all’acqua potabile e un’adeguata fornitura di servizi igienico-sanitari.

Le richieste di Legambiente. Per garantire un servizio idrico equo, efficiente e sostenibile, Legambiente chiede: la ratifica italiana del Protocollo Acqua e Salute OMS-UNECE che garantisca un approccio complessivo sul tema e promuova l’integrazione delle politiche sull’acqua e i servizi igienico-sanitari; l’approvazione dei Piani di Sicurezza dell’Acqua (WSP) entro il 2027 su tutto il territorio nazionale, con particolare attenzione alla risposta e al coinvolgimento delle gestioni piccole e in economia, e l’introduzione di un sistema integrato di prevenzione e controllo esteso all’intera filiera idropotabile per superare l’approccio del controllo “a valle”, prevenendo inquinamento e situazioni di rischio legate alla contaminazione delle fonti; l’applicazione di strumenti di partecipazione adeguati con l’individuazione di percorsi aperti e inclusivi insieme a tutti i soggetti interessati che, a partire dall’identificazione delle criticità, individuino le politiche da introdurre per risanare e tutelare le risorse idriche del Paese.

Rispetto agli interventi da attuare per una gestione dell’acqua volta al risparmio idrico e al riuso, l’associazione ritiene prioritari: una riqualificazione idrica degli edifici e degli spazi urbani; la regolamentazione delle acque minerali; una maggiore informazione sulla qualità delle acque di rubinetto; azioni a sostegno dell’incremento della ricarica delle falde; completamento e velocizzazione delle bonifiche; interventi sulle reti idriche e sui depuratori; riduzione degli sprechi e aumento del riuso delle acque depurate, anche attraverso la modifica del DM 185/2003,  operando su perdite di rete e agendo con innovazioni in settori specifici come l’agricoltura, e l’industria e anche in ambito civile; un rafforzamento della rete di controlli ambientali.

 

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