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Pesaro, nella storica sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso l’omaggio a Gioachino Rossini

Pesaro, nella storica sede della Società Operaia di Mutuo Soccorso l’omaggio a Gioachino Rossini

di PAOLO MONTANARI

PESARO – Il secondo incontro nella sede storica della Società >Operaia di Mutuo Soccorso di Pesaro in via Cairoli, sul tema Raffaello e Rossini: due geni marchigiani, ha visto la partecipazione di un numeroso e attento pubblico. Dopo la presentazione del presidente del Soms, dottor Emilio Melchiorri, che ha sottoineato che l’omaggio della Società Operaia nei confronti del suo presidente onorario Gioachino Rossini, non è un sempre omaggio nell’anno delle sue celebrazioni, ma anche un ricordo e un senso di <appartenenza che il grande compositore ebbe con la lettera autografa del 1858 nei confronti del sodalizio socio-culturale e della città. Relatori del serata il giornalista e critico letterario Paolo Montanari e il prof. Roberto Rossini.

Montanari nella sua relazione ha evidenziato alcuni aspetti che legano idealmente Raffaello a Rossini: l’influenza culturale della famiglia, il rapporto con la città di origine, la breve esistenza di Raffaello e la vecchiaia di Rossini culminata nel lungo periodo di silenzio.

Per Raffaello Urbino è stato tutto: conoscenza dei grandi pittori e della vita di corte, l’influenza del padre Giovanni Santi, che fu un buon pittore, come lo definisce Giorgio Vasari nelle sue Vite. Raffaello lascia Urbino nel 1494 e qui vi sono due tesi: c’è chi sostiene che il padre lo seguisse a Città di Castello e poi a Perugia dove Raffaello andò a bottega dal Perugino. C’è chi afferma che il padre Giovanni era già morto e per Raffaello quello fu un addio definitivo anche agli affetti famigliari. Sta di fatto che ritroviamo Raffaello e Perugino a Fano, nella chiesa di santa Maria Nuova, dove il grande pittore dipinse la predella della tela del Perugino.

Sempre il Vasari definisce la vita di Raffaello più un romanzo che una cronaca e l’apprendistato nella bottega del padre Giovanni Santi si basa su elementi non realistici: “E’ cresciuto che fu cominciò a esercitarlo nella pittura, vedendolo a cotal arte molto inclinato, di bellissimo ingegno. Onde non passarono molti anni che Raffaello ancora fanciullo, gli fu di grande aiuto in molte opere di Giovanni Santi. Accanto al padre e al patrimonio culturale di palazzo Ducale, Raffaello ebbe un altro elemento di grande importanza, il paesaggio marchigiano in particolare quello urbinate che sarà una costante delle sue opere. Poca la influenza della madre su Raffaello. All’opposto il rapporto coni genitori per il piccolo Gioachino Rossini, che con il padre detto Vivazza, una testa calda repubblicana, ebbe solo una fitta corrispondenza di tipo contabile e poco affettiva e soprattutto non ebbe un’influenza musicale.

Con la madre Anna, il rapporto fu affettivo e artistico. Tanto affettivo che Gioachino, un giovane timido,capace di mettersi la maschera dell’allegria per tanti anni nel nobless mondo della musica e dei teatri , ricerco l’istinto materno e difensivo nelle sue donne: Isabella Colbran e Olympique. dalla madre Gioachino ebbe anche una forte influenza musicale. Lei Anna era una promettente cantate d’opere minori e si esibiva nei teatri marchigiani minori. Poi l’invasione francese, l’occupazione di Pesaro e la sottrazione della città allo Stato Pontificio, incisero sul lavoro e l’esodo finale della famiglia Rossini prima a Lugo di Romagna e poi a Bologna dove iniziò la sua vera consacrazione musicale.

E il rapporto con Pesaro? Purtroppo non fu un felice rapporto, perchè Rossini, dopo la dipartenza per Bologna, tornò molto saltuariamente a Pesaro e una sera venne accolto con fischi al teatro del Sole, oggi teatro Rossini, di cui ricorrono quest’anno i duecento anni dalla nascita. Amoree odio per la sua città natale, che solo post mortem, ha creato in lui un monumento in termini di patrimonio artistico e musicale di livello internazionale. Il rapporto fra Raffaello e Rossini è tornato idealmente nella prima edizione del Rossini Opera Festival nel 1980, con la rappresentazione dell’opera L’inganno Felice diretta da Alberto Zedda, e dove il musicologo Bruno Cagli, sottolineava il nesso fra la  musica rossiniana e la scenografia e gli abiti raffaelleschi.

 

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