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Con Tormente Tiberio Crivellaro ripropone una eccellente raccolta di poesie tutta da interpretare

Con Tormente Tiberio Crivellaro ripropone una eccellente raccolta di poesie tutta da interpretare

di VINCENZO GUARRACINO

Diceva lo psicoanalista Giancarlo Ricci, a proposito di uno degli ultimi libri di poesia pubblicati di Tiberio Crivellaro  Luceafarul (2018), che “la poesia è forse, anche, arte del tratteggio; scienza dell’accenno fugace ed epifanico, racconto di quanto a stento riusciamo ancora a sopportare”.

Ecco, è da qui che credo si debba partire per capire il mondo che appare dinanzi ai nostri occhi già ad apertura della nuova raccolta di poesie Tormente sia un mondo, per dirla con Heidegger, di “sentieri interrotti”, di un mondo accidentato e pieno di trappole e buche, di imprevisti, sparizioni e sottrazioni di terreno e di vita: il “racconto” per “accenni fugaci ed epifanici”, per frammenti, di ciò che “a stento riusciamo ancora a sopportare”.

Stefano Colangelo, in prefazione, ne avanza un’opportuna descrizione a partire dal titolo: “I suoi segni sono tempeste, sono tormente Tor-, nel senso di tollere, di mandare verso l’alto e di sottrarre via dal conto delle cose; e mente come la facoltà pensante, il disegno con cui il cervello lascia una traccia tra le cose”. Ipotizzando che essa si configura, nelle intenzioni dell’autore più o meno consapevolmente, come una sorta di “trattatello medioevale” in cui tutto acquisisce un senso altro da quello che racconta: un mondo desolato, arido e senza vita, insomma, che si popola di lemuri, di “fantasmi rimossi” e continuamente risorgenti e aggressivi, fondato a specchio non sulla vita reale, bensì sulla sua mentale trasfigurazione e “imitazione”.

“In questa tundra / confinata imitazione / tra distrazioni e amarezze, / preso dalla totale assenza / di licheni e in orribile stato, / grido muto in mancanza / di pensiero nella semiluce / meridiana dove anche l’acqua / non disseta…”, dice così Crivellaro in un testo della terza e centrale sezione (“Astrattamente”) della raccolta e quel che dice può ben essere assunto a chiave di lettura dell’intera esperienza di scrittura, tra desolazione, assenza e “mancanza di pensiero” (giusta l’etimologica pregnanza del titolo).

L’Autore, l’io, inesistente eppure obliquo, del libro, è appunto questo: nell’esposizione a una “semiluce meridiana”, che gli offende vista e sensi, nel cortocircuito mente-cuore, che gli ottenebra ogni memoria, è“talpa nella tana”,  ridotto nell’”opaca dimensione “ di fantasma di se stesso, intento a rintracciare le proprie tracce dopo aver “modellato il tempo tra incanti / e orrori”, sull’onda rarefatta di una scrittura, che si presta di volta in volta come àncora e insieme come corda,sul filo di un “corrotto linguaggio gestuale” cui ricorrere per evadere o affogare.

È sull’orlo dentro di questa pericolosa o salvifica vertigine, che si attesta l’immagine della “talpa” che intriga non poco e si propone davvero come emblematico interpretante di un testo irto di difficoltà, di ricordi e di presagi, di fragmenta di un tutto perduto o da ritrovare, fragili icone di un Caso da ricomporre come in una sorta di puzzle o di diario, di journal biogeografico(“nulla dies sine linea”, dice non a caso in un esergo),da far riemergere dai suoi più oscuri e riposti segreti. Cosa ci fa, la “talpa”: scava tunnel per mettere in relazione scoscesi calanchi, ascolta i borbottii degli alberi dalla parte delle radici, registrale voci che, benché di fratte e“cifrate” dagli “asfalti” della vita, dalle maschere di un “silente passato rimosso”,si trascrivono in espressionistici geroglifici cui solo l’arte (“le malie dell’arte e i falsi onori / della prosa”) sa dare senso e ordine? Comunque sia, c’è la consapevolezza, dichiarata in conclusione, che non è compito della poesia dare risposte: che il viaggio è sempre “perverso” (meglio, per-verso) e che vale perciò a dispetto di ogni parvenza di assenza di “simmetrie”. Come dire che qui non c’è Ulisse che tenga, non c’è pretesa di salvezza e che nessuno ha il diritto di pretendere da lui che viaggi e ritorni foscolianamente  “bello di fama e di sventura”.

Tiberio Crivellaro

TORMENTE

Di Felice Edizioni, Martinsicuro (TE) 2022

pp.89, 10,00 euro

 

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