Luci e ombre della cultura nelle Marche messe a fuoco nel quattordicesimo Rapporto Federculture
Luci e ombre della cultura nelle Marche messe a fuoco nel quattordicesimo Rapporto Federculture
ANCONA – E’ stato presentato a Villa Favorita il quattordicesimo Rapporto Federculture 2018 “IMPRESA CULTURA”. L’incontro è stato organizzato in collaborazione da Federculture, Regione Marche e Istao.
Dopo i saluti dell’Assessore Regionale al Turismo e Cultura, Moreno Pieroni, il Presidente Istao, Pietro Marcolini, ha aperto i lavori e il Direttore di Federculture, Claudio Bocci ha presentato il Rapporto.
Sono intervenuti: Stefania Monteverde, Vice Sindaco del Comune di Macerata e Consigliere Federculture, Gianni Fermanelli, Segretario generale Fondazione Carima, Simona Teodi, Dirigente Beni e attività culturali Regione Marche e Consigliere Federculture, Gino Sabatini, Presidente Camere di Commercio delle Marche, Daniele Vimini, Presidente Consorzio Marche Spettacolo.
Quello della cultura è un settore cardine per il nostro Paese che negli ultimi anni ha superato la crisi e sta contribuendo alla crescita in molti territori. Ma i numerosi segni “più” non devono impedire di vedere le ombre e le sfide ancora da affrontare.
Luci e ombre che vengono messe a fuoco nel quattordicesimo Rapporto Federculture 2018 “IMPRESA CULTURA” che, quest’anno in coincidenza con le prime fasi della nuova legislatura e del nuovo Governo, fa il punto su quanto affrontato negli anni appena passati e sottolinea i problemi irrisolti, antichi e nuovi, della gestione della cultura in Italia, riflette sulle criticità e le debolezze del sistema dell’offerta e della produzione culturale, ma individua anche gli obiettivi per il prossimo futuro delle imprese culturali e di tutti i soggetti pubblici e privati che operano nel settore.
Il filo conduttore del Rapporto sono le imprese culturali, ovvero i soggetti che gestiscono musei, beni e attività culturali con l’obiettivo di efficienza, efficacia e il fine ultimo di favorire la pubblica fruizione della cultura.
E proprio fruizione e partecipazione dei cittadini alla vita culturale del Paese sono tra i principali temi sui quali richiama l’attenzione il Rapporto, evidenziando la necessità di ampliare il pubblico dei fruitori attraverso il sostegno al consumo culturale per agevolare le scelte dei giovani e delle famiglie verso l’offerta culturale.
I dati raccolti nel Rapporto, infatti, da un lato indicano, per il quarto anno consecutivo dopo il crollo del 2012-2013, una crescita dei consumi culturali, con la spesa delle famiglie italiane per i servizi culturali e ricreativi – che comprende tra l’altro teatro, cinema, musei, concerti – che vale 31 miliardi di euro e aumenta del 3,1%; ma nello stesso tempo segnalano anche forti disparità nelle aree geografiche e nei contesti territoriali. La stessa spesa culturale delle famiglie che nelle regioni del Nord Italia è mediamente superiore ai 150 euro al mese, nel Sud scende intorno ai 90 euro, con gli estremi opposti del Trentino Alto Adige dove si spendono 191 euro al mese e della Sicilia dove se ne spendono 66.
Ma anche in termini di partecipazione un’analisi approfondita dei dati evidenzia delle criticità: è ancora molto alta la percentuale di italiani adulti culturalmente inattivi, 38,8%, e nei singoli ambiti l’assenza di pratica culturale raggiunge anche l’80%, è il caso del teatro, o il 90% per i concerti classici. E come per la spesa i dati più allarmanti si registrano nel Mezzogiorno, dove l’inattività culturale riguarda 8-9 cittadini su 10.
Per questo Federculture sottolinea l’urgenza di un impegno concreto per incentivare la partecipazione dei cittadini sia sotto l’aspetto della fruizione – rendendo sempre più accessibili i luoghi della cultura anche con agevolazioni modulate su specifiche fasce di pubblico e sostenendo i consumi delle famiglie attraverso politiche di defiscalizzazione mirate – sia sotto quello dell’impegno dei cittadini stessi nel “prendersi cura” del patrimonio, intervenendo nella sua gestione.
In quest’ottica anche nel Rapporto si rinnova l’appello al nuovo Parlamento per una rapida ratifica della Convenzione di Faro che, riconoscendo l’eredità culturale tra i diritti dell’individuo, promuove una nuova visione del rapporto tra il patrimonio culturale e le comunità che lo custodiscono e ne rimarca il valore ed il potenziale quale risorsa per lo sviluppo sostenibile e per la qualità della vita, incoraggiando processi di valorizzazione e gestione partecipativi.
Il valore della Convenzione è quanto mai attuale nell’Anno Europeo del Patrimonio Culturale (2018) nel quale, grazie ad un’indagine Eurobarometro scopriamo che per oltre 8 europei su 10 il patrimonio culturale è molto importante sia individualmente, sia per il proprio Paese. Inoltre, per 7 europei su 10 vivere in luoghi in cui siano presenti vestigia o attività culturali contribuisce ad innalzare la qualità della vita.
Proprio nella visione di un approccio partecipativo, a tutti i livelli, al patrimonio è fondamentale il tema della gestione che nel Rapporto viene affrontato sotto diversi aspetti ma con l’impresa culturale sempre al centro quale strumento di raccordo tra tutela e valorizzazione nell’interesse pubblico della conservazione e fruizione dei beni culturali. Il Rapporto ospita una ricerca commissionata da Federculture che, per la prima volta, ha analizzato i bilanci delle principali istituzioni museali del nostro paese (fondazioni pubbliche e musei statali autonomi) al fine di evidenziarne le performance in termini di modelli di business e di sostenibilità dell’impresa culturale che ha fatto emergere, nel campione analizzato, che il modello prevalente è quello che è stato definito “commerciale”, applicato dalla maggioranza dei musei analizzati che si reggono quasi esclusivamente sui ricavi commerciali, mentre i contributi pubblici incidono marginalmente (con un significativo grado di autofinanziamento che oscilla tra il 62 e il 75 per cento).
Risultati che dimostrano che è possibile fare impresa con efficacia anche nella gestione di beni e attività culturali e che sostengono la necessità di avere una normativa specifica per le imprese culturali e creative; di misurare correttamente i livelli di qualità dei musei e delle imprese culturali (dai bilanci ai servizi) anche per l’individuazione di risorse per il sostegno di questo comparto così rilevante per l’economia del nostro Paese.
Le sfide aperte in questo campo sono molte a partire anche da un sempre maggiore coinvolgimento dei privati che, grazie a strumenti come Art bonus, sta crescendo. Ma anche questi strumenti sottolinea Federculture vanno ampliati e incentivati il più possibile in tutto il Paese poiché i dati ci dicono che se è vero che le erogazioni da Art bonus hanno raggiunto e superato i 264 milioni di euro, è anche vero che per oltre l’80% questi finanziamenti sono concentrati nel Nord del Paese.
Alcuni dati delle Marche
Per quanto riguarda la spesa culturale il dato (2017) nella regione Marche è di 94 euro al mese spesi in media dalle famiglie di residenti per consumi legati alla cultura e alla ricreazione; dato al di sotto della media Italina pari a 129 euro.
Nella regione vanno bene i musei statali che nel 2018 hanno accolto circa 550mila visitatori, + 10% e incassato quasi 2 milioni di euro di introiti, +33,7%.
Nell’ambito dello spettacolo, sono positivi i dati di spesa del pubblico per i concerti che cresce dell’8,7%; sono in negativo (come nel resto del paese) invece i dati di spesa per il cinema -11,3% e in modo più contenuto quelli dell’attività teatrale, -1%.
Nell’ambito della fruizione culturale sono positivi i dati sulla lettura. Nelle Marche i cittadini che leggono almeno un libro l’anno sono il 41,8% (in linea con i valori nazionali), in crescita però nel 2017 del 4,5%.
Nel 2018 infine si registrano valori di crescita per la spesa turistica in particolare degli stranieri. Dopo, infatti, una serie di dati negativi nel 2017, naturale conseguenza degli eventi sismici che hanno interessato la regione, nel 2018 si evidenzia una crescita del 20% della spesa turistica internazionale che raggiunge nel territorio i 240 milioni di euro. Lo stesso indicatore nel 2017, rispetto al 2016, era diminuito del 34%. Evidente dunque la ripresa.
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