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Il difficile rapporto di Pirandello con il fascismo spiegato a tanti giovani pesaresi

Il difficile rapporto di Pirandello con il fascismo spiegato a tanti giovani pesaresi

PESARO – Si è svolta nella sala conferenze della biblioteca Bobbato di Pesaro, l’attesa conferenza su Pirandello e il fascismo, di fronte ad un numeroso ed attento pubblico. Relatori il giornalista Paolo Montanari e il professor Corrado Donati docente universitario e saggista, con una particolare attenzione alle problematiche pirandelliane.

Pirandello, ha esordito Montanari, è stato un fascista che non scriveva da fascista e soprattutto l”ultima sua opera I giganti della montagna, evidenziano questo distacco dalla sua adesione avvenuta nel settembre 1924 al Fascismo con una nota lettera diretta a Mussolini. Infatti Pirandello era lontano dal militarismo, moralismo, retorica e ritualità di massa e riservò sempre ironia e distacco rispetto al regime mussoliniano.

Una platea costituita anche da molti giovani, che in questo periodo pre elettorale sono stati coinvolti emotivamente dai fatti di Macerata e che sono alla scoperta delle fonti storiche del Fascismo e dell’Antifascismo e questa, ha sottolineato Montanari, è una operazione seria e non demagogica. Viviamo in una società che ha nel Dna l’antifascismo per la salvaguardia dei principi democratici. Il periodo dell’esistenza di Pirandello coincide con il periodo che va dal post-Risorgimento e i primi passi della nuova Italia agli anni del consenso del fascismo. Ed è assodato che la cultura italiana è espressa in questo stesso periodo da un solo scrittore di rilevanza internazionale, Luigi Pirandello, che fù la coscienza della crisi borghese in Italia.

Venè in un suo fortunato saggio su Pirandello fascista, lo definisce scrittore consapevolmente fascista, che aderisce al PNF a 60 anni. Ma in realtà non sono altre le motivazioni che portarono Pirandello, come altri intellettuali ad aderire al fascio? Se l’è chiesto in maniera intelligente Leonardo Sciascia e noi aderiamo a questa interpretazione che fa comprendere come in Pirandello prevalga in questo periodo degli approcci opportunistici.

Mussolini poteva essere il fautore di un suo teatro internazionale di cui Marta Abba, sarebbe stata l’assoluta protagonista. Ma il Duce di fronte al caratteraccio di Pirandello gli chiuse le porte e preferì favorire e foraggiare finanziariamente Gabriele D’Annunzio, più vicino ai principi estetici del fascio. Pirandello fece la stessa cosa nei confronti del cinema, considerato pericoloso per il teatro, ma a cui aveva strizzato l’occhio per potere avere più facili finanziamenti. Insomma il fattore soldi lo ha coinvolto in questo senso. Ma la personalità di Pirandello, ha sottolineato il professor Donati, mal si adatta alle direttive e allo spirito del fascismo, poiché è distante da qualunque linea di condotta dittatoriale. Non tarderanno gli scontri con le autorità fasciste e dichiarazioni aperte di apoliticità: la rivendicazione del suo essere uomo, libero e parco, lo sosterrà in molte occasioni.

Ecco perché dopo avere aderito al manifesto fascista di Giovanni Gentile, dopo alcuni anni Pirandello stracciò la tessera sulla scrivania del Segretario nazionale del partito fascista. Poi sceglie un volontario esilio di 4 anni ed il ritorno in Italia lo vedrà ancora più maturo, come risulta dai documenti e carteggio raccolti nel volume PIRANDELLO ACCADEMICO D’ITALIA E IL ” VOLONTARIO ESILIO- Fascismo, Vinti, Giganti di Pietro Milone. Anche la sua volontà di morire nudo in una semplicissima bara, fa comprendere la vera e complessa personalità di Pirandello, il suo teatro, le maschere, i riti e i conflitti interiori.

 

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