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Commercio in netta crisi, nella provincia di Ancona crollano i settori tradizionali

Commercio in netta crisi, nella provincia di Ancona crollano i settori tradizionali

La Cna: “Basta con le parole, servono fatti a sostegno delle piccole e medie imprese”

ANCONA – Dati che non lasciano spazio a dubbi: nella provincia di Ancona da novembre 2016 a novembre 2017 sono ben 279 le imprese attive in meno (-0,7%).

Secondo il Centro Studi Cna, crollano i settori tradizionali: commercio (-87 imprese), costruzioni (-74), manifatture (-46), trasporti (-31)…

Si registra invece un aumento nei settori di servizio (come noleggi e agenzie viaggi, ad esempio, con + 36 imprese, attività professionali scientifiche e tecniche + 21, attività immobiliari + 12…).

La provincia di Ancona va male, come quella di Pesaro e quella di Fermo, mentre il saldo è positivo in quelle di Ascoli e Macerata.

“La crescita di imprese attive nelle attività di servizio – dichiara Massimiliano Santini (nella foto), direttore Cna Territoriale Ancona – nella nostra provincia è un falso dato positivo, nel senso che non riesce a compensare la diminuzione delle attività tradizionali. Questo accade perché le politiche continuano a non centrare i bisogni delle imprese!”.

Proprio per questo, nel dicembre scorso Cna ha lanciato, su tutto il territorio nazionale, l’imponente campagna “#bastablabla” utilizzando tutti i mezzi a disposizione per dire basta al Governo, basta alle parole, ben vengano i fatti.

Cna si è dichiarata stanca delle promesse sulle modifiche alle legge di bilancio ed ha cominciato, seriamente, a puntare i piedi su alcune questioni assolutamente improrogabili per la sopravvivenza delle piccole e medie imprese.

“A fine campagna – continua Santini – possiamo essere soddisfatti per aver ottenuto la riconferma delle agevolazioni per gli investimenti collegati al piano impresa 4.0, del bonus per le ristrutturazioni e gli interventi di efficienza energetica e per il fatto che sia stato reso strutturale lo sgravio contributivo per i giovani assunti con contratto a tempo indeterminato. Ma non possiamo assolutamente accettare invece che il capitolo fiscale si esaurisca con la sterilizzazione del previsto aumento dell’Iva. In due anni l’Iva verrà portata dal 22 al 25% è questa è pura follia! Non solo: è gravissimo che le piccole imprese continueranno a pagare tasse su redditi non incassati. E’ clamorosa la retromarcia su due misure introdotte lo scorso anno: il differimento dell’entrata in vigore dell’Iri che sottrae 2 miliardi di alleggerimento della pressione fiscale e la mancata previsione del riporto delle perdite nel regime per cassa, che lo rende di fatto inutilizzabile. A vuoto è andata anche la giusta battaglia di civiltà fiscale relativa alla deducibilità dell’Imu su capannoni, laboratori e negozi beni strumentali all’attività delle imprese”.

“Vogliamo poi parlare  – aggiunge il direttore Cna – degli incrementi di gas, energia, pedaggi, carburanti…? Cna non si dà per vinta. Di fronte agli spot elettorali che in questi giorni stiamo ascoltando, infarciti di promesse, la nostra battaglia continua con determinazione. Se non vogliamo veder morire le nostre imprese, quindi la nostra fonte di ricchezza, è necessario che vengano rese esecutive (normandole) le nostre ragionevoli proposte, basate su esperienza e competenza e che prediligono la progressività ed imparzialità nel pagamento delle imposte in luogo delle roboanti promesse (togliamo qui e tagliamo là) che, come spesso è accaduto anche nel recente passato, hanno partorito un topolino di fronte alla scure dei bilanci e al bastone dell’Europa”.

 

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