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Andrea Pazienza e l’arte della fuga dell’età adulta

Andrea Pazienza e l’arte della fuga dell’età adulta

Andrea Pazienza e l’arte della fuga dell’età adulta

Andrea Pazienza e l’arte della fuga dell’età adultadi TONINO ARMATA

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Resiste ancora oggi, in alcune persone, la convinzione che i fumetti siano roba per bambini. Il fumetto nel frattempo ha accumulato centocinquant’anni di storie, anticipa da sempre temi e tendenze, e ci sono fumettisti che sono stati candidati allo Strega o hanno vinto il premio Pulitzer.

La realtà è che il fumetto è un linguaggio e, come accade con la letteratura o con il cinema, con certe opere può rivolgersi esplicitamente ai più piccoli, con altre agli adolescenti, con altre ancora agli adulti. Le migliori si rivolgono a tutti. Fa tristezza doverlo ribadire nel 2017, ma tant’è, esiste, anche, una corrente meno nota: quella di chi ritiene i fumetti roba per deficienti. In particolar modo, ci sono genitori che li considerano pericoli dai quali tenere lontani i propri figli.

La brava fumettista e colorista Ketty Formaggio ha raccontato su Facebook di un suo incontro in una libreria con una madre che si è categoricamente rifiutata di prendere un fumetto al figlio, nonostante le insistenze del bambino, perché i fumetti non le piacciono e li considera diseducativi. “Io i fumetti li odio”, ha commentato la signora. Ketty, essendo del mestiere, ha tentato di vincere la ritrosia della madre in questione, facendole un paio di proposte. “Signora, provi questo, le garantisco che è davvero molto bello”, ma la madre è stata irremovibile. Ognuno è libero di educare i figli come crede, dispiace però quando teniamo i bambini, o perfino noi stessi, lontani da nuove opportunità. Sarebbe bello avvicinare ogni cosa con l’attitudine di aprirci a vivere un’esperienza diversa, inedita, senza dover per forza capire se una lettura potrà rientrare all’interno della miope categoria dei nostri “gusti”, che a volte confinano involontariamente con la cecità del pregiudizio. I gusti sono ormeggi, ma la curiosità è una vela. Facciamola uscire al largo, ogni tanto, la nostra barca.

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Il movimento studentesco, l’urgenza di essere amati, le ripetute fughe di fronte all’ostilità del mondo adulto. Il folgorante esordio un inno alla giovinezza, all’immaginazione e al desiderio.

Un inno alla giovinezza tormentata, alle vite volutamente disperate, al desiderio. Nelle straordinarie avventure la realtà punge come la punta dello stesso ago usato per fuggirne, scansarla e nel buio eclissarsi. I primi esperimenti, le tavole pesanti di china, i dettagli microscopici, le innumerevoli citazioni e i segni dedicati a Jacovitti e Crumb. Appena ventenne scatena la dote senza domarla, lasciando che la mano compia il suo rituale. E non solo il disegno tanto quanto lo spessore letterario

Era il 1977 quando Le straordinarie avventure di Pentothal, la leggendaria opera prima firmata da Andrea Pazienza, fece irruzione sulla scena del fumetto italiano rivoluzionandolo per sempre. Pubblicato a puntate su “alter alter”, Pentothal fu il diario-manifesto, la “confessione” in chiave onirica del ’77 bolognese, una pagina cruciale per quella generazione che progressivamente si allontanò dagli ambienti della sinistra istituzionale per trovare nuove forme di espressione e di contestazione. Pazienza, all’epoca appena ventunenne, fu allo stesso tempo membro attivo e riferimento artistico di questa nuova ondata irriverente, provocatoria, scorretta, incredibilmente viva. Per celebrare i quarant’anni di Pentothal, Stefano Cristante, già autore dell’apprezzato Corto Maltese e la poetica dello straniero (Mimesis, 2016), analizza da un punto di vista sociologico i personaggi più amati usciti dalla penna del disegnatore – da Zanardi a Francesco Stella, da Pertini a Pompeo – allo scopo di mettere in rapporto la carriera di Paz con i collettivi e le avanguardie artistiche del suo tempo. Senza mai scadere nello stereotipo dell’artista “genio e sregolatezza”, Cristante approfondisce le molteplici e affascinanti implicazioni della narrativa a fumetti di Pazienza, ponendo l’accento sia sull’originalità del tratto, in grado di conciliare pop art e pittura classica, Moebius e Fremura, sia sulla sua capacità di scrittore, sempre sorprendente e tutt’altro che naïf.

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Andrea Pazienza nasce a San Benedetto del Tronto, il 23 maggio del 1956, figlio di Enrico Pazienza, professore di educazione artistica, e di Giuliana Di Cretico. Cresce a San Severo, in provincia di Foggia, la città natia del padre. All’età di dodici anni, nel 1968, Pazienza si trasferisce per studio a Pescara, tornando quasi ogni fine settimana a San Severo, dove continua a frequentare gli amici di sempre e a lasciare tracce della sua genialità, tra l’altro realizzando le scenografie di alcuni spettacoli presso il Teatro Verdi. Nella città abruzzese si iscrive al liceo artistico e stringe amicizia con l’autore di fumetti Tanino Liberatore.

 

 

 

 

 

 

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