In un libro l’unicità del San Bartolo, una passeggiata immaginaria tra il porto di Pesaro e quello di Gabicce
In un libro l’unicità del San Bartolo, una passeggiata immaginaria tra il porto di Pesaro e quello di Gabicce
di PAOLO MONTANARI
PESARO – Teatro Sperimentale gremito di persone per la presentazione del poderoso libro, circa 300 pagine, dal titolo Le radici del San Bartolo di Luca Acacia Scarpetti, ex presidente del Parco San Bartolo e della professoressa Cristina Manzini.
Al volume edito da BCC di Gradara – Arti grafiche pesaresi, hanno collaborato Umberto Giusini, Antonella Penna, il noto archivista pesarese Gabriele Stroppa Nobili e Paolo Marchetti Felici Giunchi.
Alla presentazione anche le figure istituzionali del vice sindaco di Pesaro, Daniele Vimini e del sindaco di Gabicce Mare, Domenico Pascuzzi. Ma è stato il giornalista Luigi Luminati nel suo interessante intervento ad evidenziare l’aspetto della trasformazione del colle San Bartolo da zona prettamente agricola a Parco. Sono le esigenze umane, l ‘abbandono delle terre per la fabbrica, ad aver trasformato ettari ed ettari di terre in boschi, piantagioni. Il rapporto con il mare, la pesca, ha sottolineato Luminati, è stato un elemento economico secondario o quasi privo di importanza, per il versante pesarese, mentre per il versante di Gabicce Mare, si è già negli anni 30’40’ sviluppata la pesca, come indotto economico e sociale.Il sindaco di Gabicce Mare ha voluto ringraziare l’Associazione Culturale Amici del San Bartolo e le 40 famiglie che in parte ancora vivono in questo habitat naturalistico, il primo sull’Adriatico provenendo da Trieste, ed ha citato una frase di Albert Einstein: ” Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già creata”, ed il San Bartolo dà tanto spazio all’immaginazione.
“L ‘unicità del San Bartolo, ha sottolineato in un messaggio, il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, è un motivo di orgoglio. Un patrimonio da difendere, con le sue suggestioni, che nel pieno rispetto della natura dobbiamo valorizzare di più. Non è un caso se abbiamo puntato fortemente su questo luogo magico per trainare l’immagine delle nostre bellezze paesaggistiche. ” L’impegno editoriale della BCC di Gradara è stato quello di valorizzare il territorio e il recupero delle antiche memorie . Per Acacia Scarpetti si tratta di un libro che è costituito da foto e racconti della gente del San Bartolo. Una passeggiata immaginaria nel territorio compreso tra il porto di Pesaro e quello di Gabicce, dalla fine dell’800 ai giorni nostri.
“Non era possibile, ha aggiunto Acacia Scarpetti, seguire un ordine geografico per questa passeggiata ideale perciò è stato seguito un ordine alfabetico di presentazione delle famiglie che hannopermesso tutto ciò: le vere protagoniste del libro. E ci scusiamo per tante altre famiglie che non siamo riusciti a raggiungere”.
Per Cristina Manzini, coautrice e sensibile testimone orale di tanti fatti nel confine del fiume Tavollo e Gabicce, “le testimonianze raccolte da Acacia sono state ricostruite e trasformate in racconti, tutte eccetto alcune indicate in itinere, in cui gli autori hanno chiesto di mantenere gli scritti, che loro stessi avevano fornito”. Vi è nell’operazione di Acacia dunque un percorso manzoniano che si rifà ai Promessi Sposi cap.VIII “Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini, mentre la barca gli andava avvicinando alla riva destra dell’Adda”.
Ed ecco alcune frasi ed espressioni tratte da questo bel libro di memorie, che dovrebbe essere in ogni biblioteca scolastica, perché se si perde la memoria storica come il dialetto, un popolo può anche morire.
“…c’erano solo due giorni all’anno in cui i portolotti e quelli di Soria, faceva pace: il girono della festa del porto e il 2 maggio, per la festa del San Bartolo. Ci portavano anche i lumachini in umido, i portolotti, buonissimi…” (Luisa Angelini)
“…giovanotto lei cerca le foto di quando stavo al San Bartolo? Ma c’era la guerra! Sa co le femmie le foto; la misera la c’baleva intorna…” (Itala Giommi)
“…Luca c’era una miseria che…par cocia un filon de pen, tocava aspettè che crescessa un rov par scaldè el forne…”
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