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La difficile Primavera di Arquata del Tronto tra tanti sogni e promesse disattese

La difficile Primavera di Arquata del Tronto tra tanti sogni e promesse disattese

La difficile primavera di Arquata del Tronto tra tanti sogni e promesse disattese La difficile primavera di Arquata del Tronto tra tanti sogni e promesse disattesedi TONINO ARMATA

ARQUATA DEL TRONTO – Sono trascorsi otto mesi, e la casa che doveva esserci non c’è. Sulla spianata che un tempo ospitava la tendopoli di Arquata del Tronto, realizzata dove c’era il miglior campo da calcio della vallata, Alessandro e Laura passeggiano preoccupati: la nuova vita promessa è ancora lontanissima, intrappolata tra questi rettangoli di cemento disegnati sulla nuda terra, tra i tubi colorati che sgorgano qua e là e i solchi delle ruspe. «Ci hanno detto che verremo a vivere qui, a “Borgo 1”, ma hanno iniziato i lavori adesso», dicono.

L’ex campo da calcio ed ex tendopoli diventerà un villaggio di casette, uno dei due di Arquata e dei sette dell’intero territorio comunale che in questo momento è ancora completamente disabitato: “Numero abitanti zero, sì”, dice il sindaco Aleandro Petrucci nel centro allestito finalmente per ospitare le macerie, ancora in attesa del via libera tecnico per operare: anche su questo fronte, otto mesi dopo il sisma è tutto come allora. Intere frazioni trasformate in ruderi giacciono sepolte da maree di calcinacci.

«La situazione è difficile», ammette Petrucci pensando ai suoi concittadini trasferiti in massa sulla costa, negli hotel o nelle case affittate con il contributo di autonoma sistemazione: «Mettere un montanaro al mare è come tenerlo in prigione: per quanto lo trattino bene non sarà mai l’ideale. Poi, da quando hanno saputo che la Regione Marche ha chiesto agli albergatori se intendano continuare a ospitarli anche nell’alta stagione che sta iniziando (o meno, nel qual caso dovranno trasferirsi in altri alberghi) sono anche più preoccupati».

Ma quel che inquieta Alessandro non è un cambio di camera: «Abbiamo parlato con il nostro albergatore, che oltre al Canguro gestisce un’altra struttura, e in qualche modo resteremo tutti. Alcune famiglie verranno accorpate per lasciare libera qualche stanza in più». Il suo incubo è un altro. «La polvere», dice mettendosi una mano sulla fronte. «Ha presente cosa sarà vivere per anni in mezzo quella delle macerie e poi della ricostruzione? Il campo di Borgo 1, dove ci hanno assegnato la casetta, è troppo in basso, in una conca proprio sotto il paese: posso far respirare ai miei figli dieci anni di quella polvere velenosa?».

Avrebbe preferito l’altro campo in costruzione ad Arquata, Borgo 2, che è più in alto e in una zona meno esposta al polverone, ma «mi hanno detto che non ci sono abbastanza casette adatte a una famiglia di quattro persone come la mia». Con quattro inquilini spettano 80 metri quadrati. L’alternativa possibile sarebbe stata nel campo di Pescara del Tronto — il paese in cui si trovava la casa popolare che era stata loro assegnata, distrutta dal sisma mentre la stavano arredando. Il campo è quasi pronto, è il più avanzato tra quelli allestiti nel territorio del Comune. «Ma lì sarebbe ancora peggio: è sotto il paese e proprio lungo la Salaria, dove passeranno migliaia di camion per anni. Ed è lungo la strada che percorreranno le macerie per arrivare al sito di stoccaggio», che dista duecento metri dal villaggio.

Giù a San Benedetto del Tronto, Leonardo e Cinzia sono a scuola. «La maestra ci ha chiamati perché Cinzia, che quest’anno è in prima elementare, è un po’ troppo vivace, fa quello che vuole e non sta zitta quando dovrebbe», raccontano. Ma Cinzia è una bimba brillante e «ha tutti nove e dieci»: eccola che torna da scuola con il grembiule e un sorriso che non finisce più, esplodendo con tutta l’energia dei suoi sei anni in una gioia che qualche mese fa sembrava perduta. E Leonardo, che quest’anno affronta la prima media? «È sempre fuori con gli amici, non lo vediamo quasi più», sorridono i genitori con una serenità che ha del provvisorio, come il primo sole di primavera: «Torna da scuola, mangiamo in albergo, fa i compiti fino alle 16 e poi sparisce in bici dai suoi amici. Alcuni sono ragazzini di San Benedetto, compagni di scuola con cui ha fatto amicizia; e poi ci sono i bambini di Arquata e di Pescara, i vecchi compagni di scuola di Borgo che stanno negli hotel qui vicino ».

È con loro che l’anno prossimo ricomincerà da capo la sua vita a Borgo di Arquata. Questa nuova normalità costiera durerà al massimo qualche mese, poi si torna in montagna e si riparte. Forse. «Avevo 14 borghi, mi rimarranno sette villaggi con duecento casette in tutto», dice il sindaco, sconsolato: «Purtroppo molti non torneranno, rimarranno in affitto con il contributo di autonoma sistemazione e si rifaranno una vita altrove».

E sono a forte rischio anche le poche e piccole attività economiche: lo stabilimento terremotato dei Filotei, che lavoravano ed esportavano ricchezze locali come tartufi e funghi, «ha delocalizzato a valle; la Unimer cemento ha detto che tornerà, ma ci vorrà almeno un anno, e sono 35 famiglie in meno». I villaggi commerciali che dovrebbero ospitare bar, ristorante e alimentari sono ancora un bel progetto sulla carta, come tutto il resto in questo mare di promesse azzannate a morte dalla burocrazia.

Ed è ancora lontana anche la fabbrica promessa da Della Valle, ma non è più solo un’idea o un progetto: «Ecco, questa è l’area – spiegano i tecnici al lavoro – la fabbrica sorgerà qui». I lavori edili sono appena iniziati, nell’area industriale tra il campo di Pescara del Tronto e il deposito di macerie, in quest’ampia golena del Tronto dalle acque burrascose e dal corso infido: è l’unica pianura disponibile, sotto il costone di monte in cui si ergeva a picco Pescara.

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