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E’ morto l’attore pesarese Memè Perlini, simbolo del teatro d’avanguardia degli anni ’70

E’ morto l’attore pesarese Memè Perlini, simbolo del teatro d’avanguardia degli anni ’70

E' morto l'attore pesarese Memè Perlini, simbolo del teatro d'avanguardia degli anni '7o di PAOLO MONTANARI

PESARO – E’ morto come Mario Monicelli, l’attore pesarese Memè Perlini, che ha scelto la finestra come ultimo spettacolo teatrale. Amelio “Memè” Perlini, nativo di Montecchio, recitò con Carmelo Bene, fu amico di Lundsay Kemp e debuttò in teatro con Giancarlo Neri nel 1973, anno in cui fondò il Teatro La Maschera, l’unico progetto serio, come lui lo definiva, negli incontri pesaresi dei periodi estivi. Ma negli ultimi due anni, Memè non si è fatto vedere, nella sua amata Pesaro, per cui aveva realizzato progetti, incontri teatrali, che non si concretizzarono, e che lo delusero.

Proveniva da Montecchio Memè, da una famiglia di girovaghi proprietari di giostre, da qui la sua formazione artistica, l’amore per lo spettacolo e il contatto con la gente. Fin da ragazzo Memè Perlini fu un sostenitore del surrealismo e dell’arte concettuale. Divenne nel suo trasferimento romano, fra gli esponenti più rappresentativi dell’avanguardia teatrale italiana di scuola romana.

“Carmelo Bene – mi riferiva spesso Memè – al Beat ’72, mi ha insegnato il teatro sperimentale, le voci, i gesti, gli sguardi e i silenzi”. E lui Memè da Montecchio, orgoglioso della sua provenienza, fece fruttare il suo incontro e sodalizio artistico con Carmelo Bene e fu autore di 50 testi teatrali e numerose pellicole da lui ridirette, molte delle quali ebbero riconoscimenti al Festival di Cannes.

“Il teatro la Maschera, per me è stata una esperienza che mi ha segnato per sempre – ci ha sottolineato Perlini nell’ultima visita in città -, e quando sono tornato a Pesaro, ho cercato di creare una Casa del teatro, per ripetere quella esperienza, ma ho trovato sempre le porte chiuse”.

Ed è proprio vero che Memè Perlini, come Glauco Mauri, Mario del Monaco, hanno sempre amato la città in cui sono nati o studiato, ma da cui non hanno avuto dei riconoscimenti. La sua prima regia in teatro è con la pièce “Pirandello chi?”. Poi il successo con il lavoro teatrale de La Lupa nel 1992. Come attore cinematografico notevoli sono stati i suoi ruoli da caratterista in b-move e commedie. Ebbe parti di rilievo in film d’autore come in quello di Pietro Germi del 1970 “Le castagne sono buone”, o nel ruolo di Peon in “Giù la testa” di Sergio Leone del 1971 e Aristide ne “La famiglia” di Ettore Scola e nello stesso anno in “Notte italiana” di Carlo Mazzacurati e nel film Voltati Eugenio di Luigi Comencini del 1980.

Abbiamo incontrato, per un ricordo e una testimonianza su Memè Perlini, l’attore pesarese, Fabio Galli, fra i protagonisti in questo periodo della soap opera televisiva “Un posto al sole”. Galli ha lavorato a fianco di Memè Perlini per tanti anni.

“Memè non può essere definito attore, è solo limitativo. In lui vi era una sintesi attoriale, di regista, di abile pittore. Con Memè ho avuto una grande amicizia e proprio con lui debuttai in teatro con la compagnia di Sassari  sulla vita di Fausto Coppi.nel 1989”.

– Ci può descrivere la personalità di Memè Perlini?

“E’ stato un artista geniale, con le insicurezze e fragilità del genio. Ha cercato di realizzare progetti a Pesaro, ma in realtà ebbe solo promesse e illusioni. E avrebbe meritato qualcosa di più. Memè era orgoglioso di essere pesarese. Con il teatro La Maschera, ebbi un ruolo importante ne “L’uomo dal fiore in bocca”. Memè con pochi elementi sapeva costruire il suo teatro ed autentiche opere d’arte. Mi ricordo un momento celebrativo, che fu vero teatro, al Rossini di Pesaro, quando presentammo insieme alla Filarmonica marchigiana, uno spettacolo commemorativo sulla Shoah”.

In realtà il commiato ufficiale al pubblico pesarese, lo diede un pomeriggio, nell’ambito di un ciclo di conferenze che organizzai su Cinema e Teatro nella sala del Consiglio comunale. In quell’occasione Memè, con un tocco di emozione e nostalgia, parlò del teatro, lo spettacolo dei circensi e dei burattini. Poi alcuni giorni dopo ci incontrammo e mi presentò, in un foglio, un progetto che aveva già realizzato sulle coste del Mediterraneo e che avrebbe voluto portare anche sulle spiagge pesaresi e al teatro Rossini: le tematiche sull’immigrazione, con centinaia di scarpe sulla battigia che raccontano le storie di sofferenze e solitudini e sullo sfondo le marine di un grande pittore pesarese, Alessandro Tonti. Anche questo sogno è rimasto nel cassetto di questo grande mago dello spettacolo.

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