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PESARO / Grande concerto, con musiche di Beethoven, con la violinista giapponese Horigome e l’Orchestra Filarmonica Marchigiana

PESARO / Grande concerto, con musiche di Beethoven, con la violinista giapponese Horigome e l’Orchestra Filarmonica Marchigiana

PESARO / Grande concerto, con musiche di Beethoven, con la violinista giapponese Horigome e l'Orchestra Filarmonica Marchigiana PESARO / Grande concerto, con musiche di Beethoven, con la violinista giapponese Horigome e l'Orchestra Filarmonica Marchigiana

di PAOLO MONTANARI

PESARO – “E’ la prima volta che suono a Pesaro nel teatro Rossini, sono stata molto contenta ed emozionata per questo concerto con l’Orchestra Filarmonica Marchigiana dedicata ad un genio come Beethoven” Sono le parole della grande violinista giapponese Yuzuko Horigome, che ha concluso al teatro Rossini, un tour marchigiano iniziato l’11 febbraio a Osimo. Il concerto pesarese in collaborazione con l’Ente Concer, ha avuto un grande successo da parte del numeroso pubblico presente. Yuzuki Horigome che suona con un violino straordinario un Guarnieri, già a cinque anni iniziò lo studio del violino e in pochi anni è divenuta la violinista più famosa del Giappone. E nel 1980 la consacrazione internazionale con il premio Queen Elisabeth di Bruxelles, dove ora l’artista risiede. Questo è stato l’inizio di una serie di concerti con grandi maestri come Claudio Abbado, Andre Pre’vin, Riccardo Chally, Seiji Ozawa, Vladimir Ashkenazy e tanti altri. E si è esibita con le orchestre più importanti del mondo. Nel 2004 e 2005 ha tenuto concerti con Martha Argerich presso la Suntory Hallo di Tokyo prima di di iniziare con lei una tournee in Argentina e Italia. Quali sono i suoi musicisti preferiti? “Oltre Beethoven, amo molto Bach, Mozart e Brahms, di cui eseguirò il concerto per violino e orchestra a Tokyo nei prossimi giorni, nell’ambito della settimana musicale dedicata al grande musicista tedesco”. Il concerto che ha eseguito questa sera di Beethoven con orchestra in re magg. op.61, come lo definirebbe? “Uno dei concerti più difficili, per le sue variazioni, dal lento malinconico, all’allegro e un Rondò finale che completa questa grande sonata beethoveniana.”

Il concerto op.61 fu composto nel 1806 e venne subito apprezzato per purezza di suono, grazia nell’espressone e sicurezza d’intonazione specie nelle regioni acute. Il concerto fu eseguito per la prima volta il 23 dicembre 1806 e fu un fiasco. La critica musicale lo definì un prodotto ibrido concepito nello stile delle sinfonie concertanti, con molte ripetizioni. E si perché in quel periodo andavano di moda le serenate e il pubblico non era abituato ad un lavoro così innovativo.

“Per me suonare il concerto op.61, ha sottolineato Yuzuko Horigome, significa raggiungere i vertici per un violinista in una forma concerto. Quando eseguo il grande concerto di Brahms, non posso fare a meno che riferirmi al quello beethoveniano.” Bisognerà aspettare il 1844 quando a Londra il celebre violinista Joachim eseguì il concerto di Beethoven sotto la direzione di Mendelssohn, e vi fu un trionfo da parte del pubblico e da parte della critica. Il violino per la prima volta ha degli spazi solistici con variazioni e possibili divagazioni liriche. Straordinaria l’esecuzione Horigome, non solo per la straordinaria tecnica, ma anche per il pathos trasmesso. Nella seconda parte del programma è stata eseguita dalla Form diretta da Hubert Soudant, la Sinfonia n.6 in fa magg. op.68 detta Pastorale, composta da Beethoven parallelamente all quinta tra il 1807 e il 1808. Il grande compositore tedesco definì la Pastorale

“Più espressione di sensazioni che pittura”. Una sinfonia naturalistica, con i ruomri dell’acqua, il canto degli uccelli, gli scrosci di pioggia, i temporali. Tutto deriva dalle lunghe passeggiate di Beethoven tra i campi e i boschi di Helligenstadt e qui che il genio tedesco concepì e scrisse la Pastorale, che non è una semplice descrizione di un paesaggio campestre, bensì è l’espressione di una sofferta  e al tempo stesso esaltante esperienza di rifondazione della Natura. Dunque un’opera innovativa come il concerto per violino. La dea Natura riprende la concezione degli antichi greci e Beethoven diviene almeno in questa sinfonia, panteista. Non più la natura arcadica del Settecento, ma una natura in cui l’immagine del pastore mitologico acquista una forza simbolo fondamentale nella composizione. Vi è qui anche la concezione illuministica della musica. E’ lui Beethoven scienziato, musico e profeta a studiare la Natura. I risultati sono magistrali, come eccelnte è stata l’esecuzione della Form diretta con grande attenzione dal maestro Soudant.

(Le foto sono di Marta Fossa)

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