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PESARO / Un ottimo spettacolo per chiudere al meglio l’HangartFest

PESARO / Un ottimo spettacolo per chiudere al meglio l’HangartFest

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di PAOLO MONTANARI

PESARO – Chiudono i battenti della 13a edizione dell’HangartFest con lo spettacolo “Quintetto”, coreografia di Marco Chenevier nella suggestiva location della Chiesa di Santa Maria Maddalena.

L’evento, pluripremiato al Sarajevo Winter Festival, al Next Generation di Padova e al Be Festival di Birminghan, ha lasciato diviso il pubblico presente per come è stato impostato.

Da un punto di vista filosofico, Quintetto sta per numero cinque che, nell’esoterismo, simboleggia la vita universale, l’individualità umana, la volontà, l’intelligenza, l’ispirazione e il genio.

Lo spettacolo è un omaggio a Rita Levi Montalcini, la grande scienziata italiana che ha ricevuto il premio Nobel per la Medicina. Fin qui tutto serio, pur sembrando uno spettacolo di cabaret del coreografo. Ma ciò che ha stupito il pubblico e gli ignari spettatori coinvolti nella performance, tra addetti alle luci ed alle musiche ed i danzatori, è stata l’improvvisazione che, seppure retta da regole di base, non poteva essere costruita in pochi minuti.

A questo interrogativo, il coreografo ha risposto:

“Quintetto ha una regola del gioco fondamentale: prendere tutto ciò che arriva da parte del pubblico. Ogni volta la gente coinvolta si esprime in maniera diversa, con atteggiamento poetico, comico-buffo o serio e questa è la forza della pièce coreografica che sta avendo successo in tutta Italia e in Europa. Vi è sì una debolezza coreografica, ma è soppiantata dal pubblico.”

Certamente Marco Chevenier, coreografo, danzatore, regista e attore, ha grande esperienza dopo aver studiato al Teatro Scuola di Recitazione di Roma; è stato assistente di Isaac Alvarez presso il Theatre du Moulinage a Lussas in Francia e sempre in compagnie tra Italia e Francia, tra cui quella prestigiosa di Carolyn Carlson.

– Maestro Chenevier, qual è la situazione della danza contemporanea in Italia?

– È molto critica: innanzitutto mancano scuole di drammaturgia e dagli anni Settanta a Novanta, in cui abbiamo avuto grandi coreografi, c’è stata la mancanza di un lavoro di strutturazione dello spettacolo e sta prevalendo sempre di più la cosiddetta danza televisiva, che si basa sulla ripetitività di pochi gesti corporei.

– Allora uno spettacolo come Quintetto dove si pone in un contesto così difficile?

– Si pone nella tendenza ad una epurazione che cade spesso nel minimalismo, cioè nella cosiddetta debolezza coreografica che ha, come supporto, il pubblico.

Abbiamo chiesto al direttore artistico Andrea Cioffi, un bilancio su questa 13a edizione:

– La novità principale è stata la scelta dei luoghi nel Centro Storico di Pesaro: la Chiesa della Maddalena e dell’Annunziata. Il primo segnale che abbiamo voluto dare in questa edizione, sta già nel titolo del Festival “Volare controvento” che significa difficoltà di andare avanti a fare cultura in Italia. Nonostante tutto, con le nostre poche forze, siamo riusciti anche quest’anno a creare un contenitore creativo e a portare avanti un progetto di trasformazione ospitando artisti professionisti come Andrea Gallorosso e il cileno Pablo Garcìa Leyton. Il nostro è un festival che va controcorrente ed ospita giovani artisti che spesso proprio da Pesaro hanno un trampolino di lancio per festival e rassegne importanti come è avvenuto recentemente per Lara Russo che ha partecipato alla biennale danza di Venezia.

(Le foto sono di MARTA FOSSA)

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