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A Pesaro un musical serio per ricordare Salvatore Giuliano

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di PAOLO MONTANARI

PESARO – Poca gente al teatro Rossini, per assistere ad un musical diverso proprio dal genere di questo spettacolo: SALVATORE GIULIANO, presentato fuori concorso al Gad di Pesaro, dalla compagnia della Marca, per la regia di Roberto Rossetti, su idea di Dino Scuderi. Due ore di una delle storie d’Italia più oscure del nostro Paese, che ha come date storiche il 1945, il 1950, 1954 e 1960. Ma perchè la storia del bandito Giuliano attrae ancora? Quando uscì il film SALVATORE GIULIANO  diretto da Francesco Rosi nel 1962, era ancora forte l’eco dell’eroe-martire-bandito che voleva l’autonomia siciliana. Il film si è basato su una accurata inchiesta storica giornalistica di Rosi, partendo da morte di Giuliano, avvenuta la mattina del 5 luglio 1950.

La sequenza della morte, una delle scene che sono entrate nella storia del cinema, è stata la classica ciliegina sulla torta per decretare nel 1962 l’Orso d’argento al festival di Berlino. Il film oltre ad una linearità molto equilibrata è arricchito da flashback narrativi che iniziano con l’episodio dei leaders separatisti, nel 1945, che decidono di assoldare il bandito Giuliano e la sua  banda per l’indipendenza della Sicilia. Si ritorna alla narrazione del 1950, dove i carabinieri che avevano trovato accordi con la mafia per far uccidere Turiddu (Salvatore Giuliano), cercano di dare una versione o più interpretazioni per creare depistaggi alla stampa internazionale.

Ma perché Salvatore Giuliano, che causo l’eccidio al comizio di Portella della Ginestra nel maggio 1947, è divenuto quasi un eroe buono, un simbolo a livello mondiale? Perchè come ha detto l’antropologo meridionalista De Martino, il Sud ha bisogno di santi e di eroi, e spesso il banditismo penetra in queste raffigurazioni di religiosità popolare, per dare dignità a un popolo, come quello siciliano vittima di invasioni di varie razze, ma isolato, come affermava Burt Lancaster nel film IL GATTOPARDO. Un isolamento voluto, che ha trovato nel film e nel musical diretto da Rossetti, una contestualizzazione ben evidente, che non è solo politica, ddelle leghe contadine comuniste, ma anche quella del Blocco del Popolo alle elezioni regionali. E se il film evidenzia la drammaticità dell’evento con unìestensione dello zoom della macchina da presa, nel musica Rossetti riprende una delle più belle pagine figurative della storia dell’Arte, dove il rosso delle bandiere, diventa il personaggio principale in scena. Nell’ulteriore flash back del film di Rosi che si rifà agli episodi del 1945-46, dove subentra una guerriglia separatista che provoca l’intervento dell’esercito, che insediatosi a Montelepre il paese di Salvatore Giuliano, viene accolto dai banditi con l’uccisione di un soldato.La concessione dell’autonomia siciliana pone fine alla causa separatista e aumentano i sequestri di persone da parte della banda di Giuliano, di concerto con la mafia. Se il film nel riconoscimento del corpo di Turiddu da parte della madre, raggiunge uno dei massimi vertici di lirismo cinematografico, figlio della scuola neorealista viscontiana, della TERRA TREMA, tratta dai Malavoglia di Verga, nel musical la morte è l’epilogo della rappresentazione teatrale che utilizzando delle musiche splendide di Dino Scuderi. Certo che Rossetti non ha voluto o non è riuscito a rappresentare la religiosità e il costume popolare siciliano degli anni Quaranta e Cinquanta, facendo fare un turn over anche massacrante a giovani attori,ballerini e cantanti, bravi , ma non aderenti alla realtà siciliana.

Poi il finale che nel film dopo la confessione del luogotenente Pisciotta dell’omicidio di Giuliano, durante il processo di Viterbo e la sua morte in carcere per avvelenamento nel 1954, svela la minuziosa ricerca giornalista di cronista-regista che fu Francesco Rosi. Nel musical la situazione finale viene semplificata e la restituzione figurativa delle masse corporee che elevano il coropo massacrato di Giuliano, rappresentano un abile epilogo anche accattivante da un punto di vista visivo, ma certamente non realistico. Ed è questa la vera differenza fra cinema e teatro. Nel primo prevale la realtà; nel secondo l’illusione.

(Le foto sono di MARTA FOSSA)

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