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Jesi diventa la capitale della cultura marchigiana

Jesi diventa la capitale della cultura marchigiana

Gli anni della scuola romana e dei grandi pittori pesaresi

Jesi capitale della cultura marchigiana Jesi capitale della cultura marchigiana Jesi capitale della cultura marchigianaJesi capitale della cultura marchigianadi PAOLO MONTANARI

JESI – In questi giorni Jesi viene definita la capitale della cultura marchigiana, per la vivacità e ricchezza di iniziative culturali in corso. Certamente la mostra LA SCUOLA ROMANA da via Cavour agli anni’50, a cura di Giancarlo Bassotti che si svolge fino al 25 settembre nelle Sale Museali di Palazzo Bisaccioni in Piazza Colocci a cura della Fondazione CASSA DI RISPARMIO DI JESI E REGIONE MARCHE, è insieme al Festival Pergolesi e Spontini al Teatro Pergolesi, l’evento più ragguardevole e che vede tanti visitatori, provenienti da molte regioni italiane. In mostra artisti come SCIPIONE MARIO MAFAI,ANTONIETTA RAPHAEL,,PERICLE FAZZINI,CORRADO CAGLI, EMANUELE CAVALLI,ARNOLFO CRUCIANELLI, AFRO LIVIO BASALDELLA, GUGLIELMO JANNI, LUIGI BARTOLINI,GIOVANNI OMICCIOLI,ORFEO TAMBURI, GIORGIO DE CHIRICO, GIUSEPPE CAPOGROSSI, ALBERTO ZIVERI,RENATO GUTTUSO, FAUSTO PIRANDELLO E FRANCESCO TROMBADORI,cioè i maggiori esponenti della SCUOLA ROMANA con una ramificazione che va al periodo metafisico di De Chirico. Se l’Impressionismo nasce per reazione al bianco e nero e alle geometrie intellettuali, il Simbolismo rappresentò , nel coacervo delle avanguardie europee, una ulteriore riscossa  nella pittura, dell’indivisibile sul visibile. Espressionismo, Cubismo, e Futurismo, di cui si parlerà in una conferenza al World Book di Pesaro l’8 ottobre 2016 nella chiesa dell’Annunziata alle 18,30, per celebrare l’anniversario di UMBERTO BOCCIONI, sono manifestazioni diversificate della libertà che l’Io moderno oppone ai dogmi materiali e culturali della società delle folle. In questo contesto la SCUOLA ROMANA, entra quasi di nascosto, dalla porta di servizio, con tanti pittori marchigiani. Ricordiamo per comprendere questo atteggiamento quasi timoroso del movimento, i versi di Guido Gozzano NON AMO CHE LE ROSE/CHE NON COLSI. Ma perché la Scuola Romana è legata alle Marche, alla provincia di Ancona e Pesaro, avendo le sue radici in una data, il 1910?

Perché il suo fondatore Cipriano Efisio Oppo fu il Fondatore al tempo delle Esposizioni Internazionali d’Arte della Secessione a Roma e nel 1913-14 del Gruppo moderno italiano, in cui anche artisti pesaresi entrarono a far parte contro la corrente accademica del tempo. Ma vi fu anche un’altra corrente figutrativa della scuola romana, quella che fa capo a Armando Spadini, allievo di Adolfo De Carolis, che condusse sulle rive del Tevere i resti della macchia toscana e i colori di Renoir. Dunque una prima conclusione, visitando la bella mostra jesina, che si può trarre è che queste diramazioni dalle avanguardie europee, non si possono considerare figli di un dio minore, ma proprio perché sono alla ricerca della forma e del sentimento che per Ungaretti, legato a quella stagione post futurista, diverrà del Tempo.Dunque la Scuola Romana, non può fare a meno delle tantissime solllecitazioni che provengono dal Futurismo, che proprio nelle Marche ha dato vita ad una sua corrente con Prampolini e a Pesaro ha influenzato Achille Wildi. Ma anche l’esperienza della corrente metafisica sostenuta dalla rivista Valori Plastici, in cui sempre nel contesto romano  si sviluppò il pensiero artistico di De Chirico, presente nella mostra jesina, con un’opera, ma anche del fratello,genio poliedrico, Alberto Savinio, Carlo Carrà e Filippo De Pisis, è una sorta di madre astratta che Margherita Sarfatti, portò avanti fino al suo naturale esaurimento, lasciando il campo alle tendenze tonali e visionarie figurative che a fine decennio caratterizzano LA SCUOLA DI VIA CAVOUR, come la battezzò Roberto Longhi, composta in primis da Scipione, Mario Mafai e Marino Mazzacurati. Il nome del movimento era quello della strada ove sorgeva il palazzo con l’appartamento abitato da Mafai e dalla Raphael, insieme dal 1925, che era meta di visite di letterati e critici come Giuseppe Ungaretti, Roberto Longhi, Enrico Falqui e dei più giovani Libero De Libero e Leonardo Sinisgalli.  Anche il pesarese Wildi conobbe la scuola romana, ma con quella riservatezza che lo contraddistingueva, un malessere morandiano, del minimalismo dei gesti quotidiani della provincia, studiò da lontano questi nuovi impulsi artistici, che furono conosciuti poi da Bartolini, Ciarrocchi. Il fascino della linea espressionista fauvista e il linearismo mutuato di Picasso, che tanto aveva influenzato giovani artisti urbinati e pesaresi, alla ricerca di una loro identità nel miraggio parigino dove però si stava

scemando l’impulso creativo iniziale e sorgevano proprio nelle Marche e poi nella Scuola Romana, due esigenze enantiodromiche latenti: da un lato risolvevano nella pratica stessa della pittura un dibattito teorico che si trascinava dal primo dopoguerra, e ch’era sfociato nell’antagonismo fra Stracittà e Strapaese. Realismo magico/mitico (Felice Casorati, Carlo Carrà) e Neoprimitivismo (Lorenzo Viani e Ottone Rosai); dall’altro offrivano una alternativa anarchica e individualista a un contesto culturale e civile che veniva sempre più serrato e bloccato dal monumentalismo etico-estetico del Fascismo.

(Le foto sono di MARTA FOSSA)

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